Appunti di Lead Generation

Che cos’è un lead? Si tratta di un individuo che ha mostrato interesse verso un prodotto o un servizio … In ambito marketing si genera un lead quando, attraverso un’iniziativa di marketing, un potenziale cliente, che dimostra un interesse nei confronti dell’azienda o dei suoi prodotti, e potrebbe stabilire un contatto commerciale con la medesima. Più precisamente, è quel contatto che precedentemente ha letto una landing page e, motivato da altri strumenti come i lead magnet, ha svolto l’azione suggerita dalla call to action.
La lead generation è una fase del marketing che consente di generare una lista di possibili clienti interessati ai prodotti o servizi offerti da un’azienda.

Oggi sono gli stessi utenti che, spinti dalle loro ricerche sui prodotti, sono pronti a dichiarare un interesse nei confronti dell’azienda (prima azione del funnel). Per esempio, scelgono di compilare un form sul sito web o di iscriversi a una newsletter per ottenere un beneficio in cambio.


La Lead Generation è un insieme di azioni di marketing volte all’acquisizione ed alla generazione di una lista di contatti di potenziali clienti realmente interessati. Successivamente, l’insieme di queste strategie sono finalizzate alla conversione dell’interesse del Lead (un contatto qualificato) in vendita. L’impresa è chiamata ad accompagnare i contatti, far evolvere il loro interesse e ottenere la loro fiducia nei confronti dell’azienda .
Allora finalità della Lead Generation non è l’immediata vendita, piuttosto costruire un rapporto di fiducia con gli utenti e catturare il loro interesse prima di contattarli per la vendita.

Di seguito ecco le fasi fondamentali per la generazione di Lead:

  1. Individuare il target di riferimento e analizzare le sue esigenze;
  2. Raggiungerlo e farsi trovare facilmente generando traffico qualificato al sito web;
  3. Raccogliere l’interesse degli utenti creando una lista di contatti qualificati;
  4. Canalizzare i contatti instaurando con i clienti un rapporto basato sulla fiducia;
  5. Comunicare il valore dell’azienda;
  6. Soddisfare le esigenze del pubblico offrendo una soluzione concreta ai loro problemi;
  7. Monitorare le diverse fasi del processo di acquisto in cui si trova l’utente;
  8. Convertire i potenziali clienti in clienti reali proponendo una vendita.

Il punto di partenza per ogni processo di vendita è l’acquisizione di nominativi e recapiti telefonici/email, step determinante per la conversione di un contatto in cliente a tutti gli effetti. Ogni fase del processo è strategica per il raggiungimento del risultato finale ed ad ogni fase corrispondono attività specifiche utili a far “scendere” l’utente nell’imbuto fino alla vendita.
Una volta definito il proprio target di riferimento, è importante capire come attirare l’attenzione del pubblico e ottenere una prima manifestazione di interesse, e così via fino all’ottenimento del risultato finale. Mediamente, più dell’80% dei visitatori che atterra per la prima volta su un sito web non è pronto ad acquistare, piuttosto è propenso a raccogliere delle informazioni preliminari sui prodotti o servizi; è pertanto necessario costruire una presenza online visibile ed efficace che presenti l’azienda come una reale soluzione al problema del consumatore.
Per essere pronto ad acquistare l’utente deve essere “educato nel tempo” e deve costruire un rapporto con l’azienda basato sulla fiducia. Ed è perciò che il processo di lead generation si realizza mediante un ‘funnel’.


Il sito web, il blog e i social media sono i principali canali tramite cui un’azienda può creare il primo contatto con il proprio target di pubblico e da qui creare un rapporto.
L’obiettivo è quello di trasmettere credibilità mediante la pubblicazione di contenuti di valore che contengano informazioni utili.

In questo modo l’utente sarà motivato ad approfondire le sue conoscenze e accetterà di lasciare i suoi contatti come iscriversi alla newsletter per ottenere qualcosa in cambio:
o report, ebook, ricerche di mercato;
o video tutorial;
o risorse gratuite
o promozioni;
o punti o gadget in omaggio.

Grazie a questa strategia sarà possibile ottenere una lista variegata di contatti qualificati, utenti che hanno espresso un primo interesse, i quali sono alla base del lead nurturing mediante cui l’azienda ottimizza la comunicazione con i potenziali clienti .

Così il Lead Nurturing è parte integrante di una strategia di marketing di successo; tramite di esso si perfeziona il processo di costruzione delle relazioni con i potenziali clienti tramite i diversi canali comunicativi. Le parole chiave del processo di Lead Nurturing sono: costanza e rilevanza. Non bisogna pensare solo alla vendita, ma seguire e rispettare le fasi del processo di acquisto seguite dal cliente.

Oggigiorno i consumatori si aspettano una comunicazione sempre più personalizzata e diversificata, cioè essere ascoltati; le aziende per contro vogliono creare relazioni cercando di trasmettere fiducia.
Informare il cliente per la sua fidelizzazione, promuovere il Brand mediante l’invio di messaggi costanti e non necessariamente finalizzati ad una promozione, arrivare ad un pubblico profilato di clienti, cioè interessati alle attività svolte dall’azienda, ottenere fiducia nel tempo trasformando i contatti stessi in promotori dell’azienda sono gli obiettivi da perseguire nel processo della lead generation.

E’ in questo scenario che si interpone la figura del blogger aziendale, figura che si occupa di scrivere periodicamente contenuti per il blog. Perché avere un blogger aziendale è indispensabile? Il compito del blog aziendale è quello di condurre un lettore verso la sua trasformazione in lead, offrendogli una serie di contenuti di qualità che rispondano in modo dettagliato. Come intuibile, e come dimostrato in precedenza, il blog aziendale è uno degli strumenti della lead generation perché contribuisce alla profilazione del lead rivolgendosi a un target preciso.

Allora il senso di un blog aziendale resta la conversione, ossia il contributo che questo strumento riesce a dare affinché un lettore diventi un cliente reale. Il blogger non deve però fermarsi alla mera reportistica dei dati ma conoscere le dinamiche di vendita, deve ampliare le sue competenze su diversi versanti, dal copywriting alle basi dello storytelling, e soprattutto alla comprensione delle dinamiche comportamentali della clientela. Ciò esclusivamente per orientare verso la soddisfazione del cliente alla ricerca di un determinato prodotto/servizio.

[fonti: www.webmarketingaziendale.it, www.mysocialweb.it]

Profilazione, Traffico Utenti e Filter Bubble

(giovedì 27 febbraio)

Per profilazione (in contrapposizione alla “privacy”) si intende la raccolta dei dati degli utenti nel momento in cui accedono ai siti per fruire (e ancor prima accedere) dei servizi offerti dagli stessi, la loro successiva elaborazione per la categorizzazione e successiva segmentazione degli utenti in base a vari criteri, inglobando sia dati personali sia dati cosiddetti “sensibili” trattati specificamente dalla normativa europea sulla protezione dei dati personali (GDPR).

Appare dunque come una sorta di automatismo che si presenta ogni volta che carichiamo un sito; la profilazione dei nostri dati, attraverso cui si passa quando accediamo a un qualsiasi sito internet, pare come una normale operazione cui ci troviamo davanti ogni volta che accediamo a un pc. Addirittura, può apparire come una sorta di lucchetto al sito: ‘O clicchi OK o il sito non lo vedi’ (leggi ‘se vuoi guardarmi gratis…‘). E fin qui, ok – direbbero i più, una mera operazione di “raccolta”.

Ma l’acquisizione dei nostri dati non si ferma qui, come potrebbero pensare in diversi, ad una banale operazione di “raccolta”.

Non è facile denotarlo una volta che si accede al browser ma facendo una semplice ricerca da un qualsiasi motore di ricerca – Google piuttosto che Safari – e a prescindere dal tipo di dispositivo che utilizzo – Apple o Android – in primo piano vengono visualizzati dei contenuti diversi, pur effettuando la medesima ricerca. Oggigiorno, qualsiasi motore nasconde diversi artifizi (es. geolocalizzazione, “lettura” delle abitudini) che “hanno il loro perché !” …, permettendo al motore stesso (e conseguentemente al business che ci sta dietro) di raccogliere delle informazioni su di noi – “dati tecnici” e “dati sensibili“, le nostre abitudini, i nostri gusti, ecc. permettendo di crearsi un “identikit” – a creare uno skilling della persona.

L’internauta dunque il più delle volte provvede a rilasciare le informazioni richieste “senza cognizione di causa” quasi, ignaro che dietro la profilazione dei dati si nasconde un’altra “arma” a vantaggio dei magnati proprietari del motore di ricerca: adottando cioè questa strategia il motore è in grado di proporci direttamente informazioni e contenuti secondo i nostri interessi e quindi, invece di andare all’esterno, mettendo a disposizione proprie risorse nelle ricerche effettuate di modo che le persone rimangono all’interno del motore stesso, e ciò aumenta il loro guadagno (leggi “traffico di utenti“).
Non sono solo le inserzioni pubblicitarie ad essere personalizzate sull’utente ma anche i contenuti che vengono proposti (‘ognuno di noi ha il proprio Internet‘): i risultati ottenuti non sono perciò uguali da me a Tizio a Caio: ‘Internet allora non è uguale per tutti !!’. Questa chiusura esercitata nei confronti del cliente che ne consegue favorisce la crescita del motore (‘Filter Bubble‘).

La profilazione si realizza tramite i cookies, mattoncini che raccolgono e tracciano ciò che abbiamo fatto quando eravamo sul sito (nonché i nostri dati), pertanto risultiamo “schedulati” quando si torna.
Questi piccoli pezzi di codice svolgono certamente delle funzioni importanti (cookies tecnici), ma ve ne sono alcuni intrusivi che tracciano dati sensibili mentre noi siamo sui siti internet (cookies di tracciamento) fra cui cookie maligni che cercano di rubare informazioni private dai computer degli ignari navigatori.

Abbiamo motori di ricerca che accolgono la profilazione dei dati – e sapere tutto quello che si fa – (Google, Bing, Yahoo, Virgilio, ecc.) altri come Ecosia, Qwant, DuckDuckGo, StartPage che al contrario permettono una “libera circolazione”: questi non tracciano un profilo da conservare, si rispetta privacy, è possibile una ricerca aperta (senza cioè essere spiati).

Esistono peraltro degli strumenti che permettono di non essere tracciati (ad es. attraverso il comando adsettings.google.com: possibilità di ATTIVARE/DISATTIVARE – ovvero tracciare – GLI ANNUNCI PUBBLICITARI; se digito google.com/locationhistory scopro i miei movimenti tracciati da Google).

https://www.iene.mediaset.it/video/google-motori-di-ricerca-ci-conoscono_698130.shtml

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