Recap sulla seo del 2020

A poco meno di 100 giorni dalla fine dell’anno, facendo un riepilogo del 2020 e di quanto già anticipato dai mesi precedenti, ripercorriamo(e riprendiamo) di seguito le importanti novità in ottica SEO. Novità per lo più improntate all’indicizzazione e posizionamento delle pagine web, obiettivo incentivato dall’introduzione di nuove tecnologie (vocal search e assistenti vocali).
Un ‘refresh’, un recap imprescindibile per chi ha a che fare con la SEO in senso stretto e sviluppo di contenuti.

Una delle innovazioni più importanti, che ha creato più rumors nel settore, è senz’altro l’adozione anche nel nostro paese del nuovo algoritmo di Big G: Google Bert il quale avvicina ancor più il “sistema algoritmo” al linguaggio umano, quindi ad un web semantico. Con esso Google ha concentrato gli sforzi sullo sviluppo di un sistema per fornire risultati di ricerca sempre più attinenti e precisi alle esigenze del navigante che sottopone una query. Operativamente, la “responsabilità” è a carico non del SEO specialist ma di chi è reputato a redigere i contenuti perché siano sempre più appetibili per il crawler di turno.
Gli ultimi mesi hanno visto l’introduzione e l’affermazione di metriche sempre più precise (Web Vitals) sulle prestazioni del sito, oramai indispensabili per puntare su indicizzazione e posizionamento del sito, con il chiaro intento di direzionare lo sviluppo delle pagine rispondendo alle esigenze della User Experience. Al contrario del precedente , “l’onere” in questo caso è a carico dello sviluppatore delle pagine web. Dal momento che, come anticipato, dal 2021 l’esperienza di navigazione sarà classificata come fattore di ranking, è perciò irrinunciabile e indifferibile che il sito sia ben progettato e strutturato, nella usability e nella facilità di navigazione oltre che per i contenuti.
Seguendo la tendenza di altri social, anche Google si è allineato a un classico ovvero le “visual storytelling“. Introdurre le Web Stories assume infatti importanza anche in ottica SEO in quanto esse permettono di dare ancor più risalto ai contenuti prodotti.
Altro “scossone” dell’anno è stato quello dei featured snippet, da non confondere con i rich snippets (i f.s. forniscono delle risposte a una query digitata, i r.s. danno una miglioria ad un risultato di ricerca), introdotti da Google per fornire all’utente in poche righe un’informazione completa su ciò che cerca, individuabili da un testo racchiuso in un rettangolo all’inizio di una pagina di SERP con i suoi risultati.
Se l’argomento era già stato trattato negli anni precedenti, nel 2020 il concetto di “dati strutturati” ha assunto ancora più rilevanza, argomentazione che si combina con altre tecniche promettenti es. knowlegdge graph e ricerca vocale. L’introduzione dei dati strutturati consente di “scendere”agli elementi minimi di un costrutto ovvero le entità e di comprenderne le relazioni per fornire la risposta più esaudiente anche per specifiche query; permettono altresì maggiore visibilità e possibilità di essere posizionati anche per particolari ricerche es. local seo.
Già introdotti nel 2019 e ripresi nella primavera de 2020 Google ha stravolto l’interpretazione del tag rel “nofollow” in chiave di posizionamento: vale a dire che ora col tag è possibile passare al crawler se si tratta di un link a pagamento (rel=”sponsored“), se il collegamento fa riferimento a User Generated Content (rel=”ugc“…), che la pagina linkata non venga seguita (rel=”nofollow“).
Anche il capitolo ‘immagini‘ è stato rivisto ai fini di una ottimizzazione migliorandone la compressione e la qualità in upload. Ecco così il nuovo formato AV1 (.avif) 1 2, uscito dalla fase beta già dalla primavera del 2018. Formato tenuto a battezzo da Netflix, superiore in termini di rapporto qualità/compressione ai tradizionali JPEG, PNG e il recentissimo WebP.

Google Search scopre le reti neurali

(giovedì 31 ottobre)

E’ di questa settimana la notizia di un nuovo scossone all’algoritmo di ricerca di Google, una novità radicale che va ad impattare sulle ricerche vocali che costituiranno una fetta importante nelle ricerche online. Basandosi cioè sullo studio e l’applicazione delle reti neurali, il colosso di Mountain View sta implementando il motore di ricerca Google Search con una nuova tecnologia denominata BERT (Bidirectional Encoder Representations for Transformers), una tecnica che permetterebbe di analizzare una frase nel suo insieme e nel contesto in cui viene utilizzata, e non come finora analizzando ogni elemento a sé stante, in modo da comprendere meglio il significato delle richieste che si fanno online ed evitando così di fornire risultati piuttosto approssimativi.

Google afferma che il nuovo sistema potrà offrire un servizio migliore, soprattutto quando vengono utilizzate intere frasi come chiavi di ricerca. Finora infatti il motore di ricerca ha sempre avuto alcuni problemi con le ricerche più lunghe: nella maggior parte dei casi fornendo dei risultati generici, basati solo su alcune delle parole chiave utilizzate.

Al momento il sistema funziona solo in inglese ed è limitato agli Stati Uniti.

Con l’ausilio di questa nuova tecnologia, si stima un miglioramento delle ricerche online del 10%, andando a colpire in modo significativo in particolare l’ordine dei risultati.

L’avvento della tecnologia BERT è stata anticipata da altri tentativi di avvicinamento all’AI, con un orientamento più votato a cogliere umori ed emozioni del ‘linguaggio naturale’: Tay di Microsoft e i tentativi tramite chatbot conversazionali ne sono esempi, peraltro non sempre azzeccati negli ntenti_.

Google BERT non sostituisce Rankbrain, il primo metodo (datato 2015) di intelligenza artificiale di Google per migliorare la comprensione delle parole; piuttosto lo supporta nel compito. BERT aiuta Google a capire cosa intendono le persone quando digitano determinate parole per formare long tail keyword.


Si può affermare che l’intelligenza artificiale compie progressi importanti ogni giorno che passa: così, le applicazioni non fanno che migliorare notevolmente le performance nel riconoscimento delle forme di linguaggio parlato come pure le tecnologie di riconoscimento facciale e comportamentale delle persone. Ma mai come in questo caso vale la pena non andare di fretta; proprio questo tipo di applicazioni dell’AI implicano un procedimento non sempre lineare e privo di problemi legati all’approccio della macchina al ‘parlato’.

Siamo quindi vicini a sostenere una piacevole conversazione con automi artificiali? Occorre procedere con una certa prudenza per ragioni di varia natura.

Il lavoro di SEO copywriting è coinvolto. I modelli BERT, dunque, considerano il contesto di una parola e non il termine isolato. Passaggio importante per capire l’intento di ricerca che sta dietro a una query consentendo alle macchine di ottenere una migliore elaborazione del linguaggio naturale (NLP).

Ma questo era già chiaro, Google BERT non fa altro che avvantaggiare i contenuti di qualità.