Non può passare inosservato il primato che in particolare negli ultimi mesi ha fatto registrare il fenomeno ‘e-commerce‘, e tanto più la spinta alla presenza di un’attività commerciale online.
Immaginiamoci per un momento fra gli ingranaggi della macchina ne rimarremo esterrefatti: ‘ben oleati’ per le sue dinamiche e la fluidità degli ordini da ricevuti ad evasi. Sorge allora spontanea la domanda: cosa sta dietro a questo ” perfezionismo” ? in che modo cioè i colossi commerciali- Amazon piuttosto che Ebay o altri – riescono a gestire il grande volume di ordini che prendono in carico quotidianamente ? Il segreto del settore è nascosto nel cosiddetto ‘drop ship‘ (più conosciuto come ‘drop shipping‘ o più semplicemente ‘dropshipping‘), ovvero un modello di vendita … fatto su misura !
Schema modello dropshipping
Il dropshipping si rivela essere la ‘chiave di volta’ per un ecommerce, il gap che può decretare il successo di una attività di commercio che decide di avere un negozio online.
Schematizzazione fasi di un sistema dropshipping
Drop ship (meglio conosciuto come Dropshipping) è un sistema di vendita particolarmente adottato dall’e-commerce secondo cui il venditore vende un articolo al cliente senza bisogno di averlo materialmente in magazzino. In base a questo modello, quando il titolare di un ecommerce vende un prodotto, lo acquista da una ‘terza parte’ – commerciante o grossista – e da questo “terminale” lo fa direttamente recapitare al cliente. Pertanto, il venditore in questo caso non gestisce direttamente il prodotto.
Le fasi di un modello drop ship
Passaggi in un modello drop ship
A differenza del modello standard di vendita al dettaglio, il venditore qua non fa scorte o non possiede un (proprio) magazzino fisico (e quindi un corrispondente inventario delle giacenze). Precisamente, il venditore acquista l’inventario da un terzo soggetto per poter evadere gli ordini. Ciò consente ai dropshipper di concentrarsi sugli aspetti commerciali e di marketing dell’attività: essi lavorano come intermediari tra fornitori e clienti. Nello specifico, chi fa dropshipping guadagna una commissione vendendo i prodotti dei fornitori; quando ricevono un ordine, trasferiscono loro le informazioni relative e a conclusione del rapporto commerciale trattengono per sè una percentuale come commissione.
Oggigiorno è strategico per commercianti e aziende avere un sito e-commerce, per allargare il proprio business e guadagnare eventualmente nuovi segmenti di clientela; non averlo significherebbe rimanere svantaggiati rispetto alla concorrenza.
B2B2C Business to Business to Customer
Avviando un‘attività online ci si accorge subito che esistono diverse tipologie di e-commerce, designate con delle sigle. Questi acronimi hanno significati precisi che delineano la tipologia di business online. La diversificazione si basa su chi coinvolgiamo nel nostro piano di commercio elettronico. La transazione avviene con singoli soggetti o con altre aziende.
Schematicamente , parlando di “E-commerce” identifichiamo due soggetti distinti “B”, il business, che è l’azienda ossia il produttore, e “C”, il consumatore, il cliente finale privato come partita IVA. L’ultimo modello – di cui si parla nelle prossime righe -introduce un ulteriore connotato “D” il quale può essere ricollegato comunque al soggetto rivenditore.
Sul piano economico, si parla oggi più che mai di e-commerce e ancor più della sua vitalità e importanza nel futuro prossimo, quando le attività riprenderanno. Una argomentazione che sta prendendo piede nel settore è quello del “D2C” (Direct to consumer). Ennesima strategia di web marketing che riflette le tendenze attuali di mercato, riguarda i rapporti commerciali in cui la parte del “Business” è svolta da un pool di produttori rappresentati da una sola figura come “Rivenditore”. Si tratta di un fenomeno che ha investito una fetta del mercato dell’ecommerce, seppur ancora allo stadio embrionale pertanto non molto diffuso.
Attualmente il “Direct-to-Customer‘ si è affermato coinvolgendo determinati settori come quello della moda ma anche del food i cui operatori, osservando le dinamiche oggigiorno incerte del canale della distribuzione, hanno guardato allo strumento dell’ecommerce ottenendo risultati rilevanti.
Il periodo “up” è stato favorito dall’impossibilità di Amazon (“la grande distribuzione” per eccellenza ai tempi del Coronavirus) di far fronte a tutte le richieste per cui una fetta dei consumatori si è rivolta a marchi minori i quali hanno così accentuato il D2C. Da alcuni anni il colosso cogliendone le potenzialità sta convincendo le sue imprese a convertirsi per diventare D2C.
Il mondo dell’e-commerce ci ha abituato a dover masticare diverse sigle, acronimi delle parti coinvolte nel rapporto commerciale: B2B, B2C, C2C, C2B:
B2B : “Business to Business”, a volte scritto BtoB. Con B2B si intendono tutti quegli ecommerce che vendono i loro prodotti a degli intermediari che poi venderanno al consumatore finale. L’ eCommerce business to business riguarda commerci elettronici tra aziende. È il giro d‘affari online più importante. B2C : “Business to Consumer” anche questo a volte abbreviato con BtoC. In questo caso il modello di vendita è da azienda a consumatore finale, dove per consumatore finale non si intende solo il privato ma qualsiasi azienda è colui che utilizzerà il prodotto. È la tipologia di e-commerce più diffusa e conosciuta anche grazie a grandi aziende come Amazon. La sua diffusione continua ad apprezzarsi con il crescente utilizzo di internet. Non si traduce come ‘vendita al privato’: B2C significa che la vendita viene fatta all’utilizzatore finale (consumatore) sia esso azienda o privato. La differenza fra le due tipologie descritte è sottile perché nel B2B le aziende vendono ad altre aziende (è intrinseca in questo caso una “doppia responsabilità”), B2C è il modello in cui le aziende vendono al consumatore (utilizzatore finale), a prescindere che sia partita IVA o privato.
Oltre questi schemi, che vengono adottati da una larghissima fetta del mercato (oltre il 90%), esistono poi altri modelli:
C2C : “Consumer to Consumer“, l’utilizzatore finale viene messo in relazione con un altro utilizzatore finale. Ad esempio buona parte delle transazioni che vengono fatte su eBay sono C2C. Tra le tipologie di e-commerce è uno dei più recenti. Nato grazie ai siti delle aste online, i siti c2c gestiscono l’”ambiente” dove gli utenti interagiscono per comprare online. È un modo facile e veloce per acquisire un prodotto necessario da un altro utente che non ne ha bisogno. La possibilità di risparmiare nel comprare e nel guadagnare sono le attrattive maggiori dell’e-commerce c2c. C2B : Modello particolare, in cui sono i consumatori finali a offrire servizi alle aziende. Sono i consumatori a stabilire il prezzo del prodotto o servizio e le aziende possono accettarlo o rifiutarlo. Un esempio è quello dei portali di crowfounding, i siti che offrono la possibilità alle aziende di chiedere dei soldi direttamente agli utenti finali. L’e-commerce consumer to business è meno diffuso, meno conosciuto e ancora in crescita e non è sviluppato come le tre tipologie di e-commerce appena viste.
Quasi tutte le piattaforme e-commerce nascono per il B2C ma si adattano alle esigenze di mercato. E’ molto importate però avere le idee chiare sulle funzionalità che servono nella fattispecie in modo da potere capire se le soluzioni disponibili fanno al proprio caso o se è più opportuno ricorrere ad una soluzione personalizzata con conseguente aggravio dei costi.
Se il B2C è allora la forma più tradizionale del commercio elettronico, un processo per la vendita di prodotti direttamente ai consumatori, nel D2C, che si può definire come derivato da esso, senza oltrepassare o offendere la rete di rivenditori, Il produttore ha la garanzia di mantenere la vendita dei prodotti/servizi ma indirizza i consumatori verso i rivenditori predeterminati.