Era il lontano 2012, un afoso giorno di metà luglio (meno male che mi sono messo all’opera in tarda serata !!) quando, terminato un utile corso modulare sul CMS WordPress, giunto a casa (facevo il pendolare), una volta davanti al pc decisi di mettere in pratica quanto appreso … a mente fresca (quando le cose vengono meglio !). Già da tempo “cullavo” l’idea di avere un sito mio, sull’onda di quanto sentivo/vedevo attorno a me. Detto fatto, scelta la ‘piattaforma di lancio’, in cinque minuti 5, quasi senza accorgermene creai il mio primo progetto (!!!) che, per le “ambizioni” e velleità del momento, volli confezionare come blog personale. Ricordo ancora, infatti, come a quei tempi nutrivo certe idee professionali per cui volevo dare un’impronta di settore al progetto appena creato, fare di questo uno strumento per veicolarne le idee: per ciò, gestire un blog è la soluzione più immediata !
Ben presto però dovetti correggere le mie ambizioni e, di conseguenza, apportare una “svolta” al blog: farlo contenitore delle mie passioni (podismo e pallavolo), riflessioni, pensieri non rinunciando comunque all’argomento principe: il web ….
Sono passati gli anni e, sostanzialmente da due, una “new entry” nelle argomentazioni del blog, riflettendo un particolare settore che stava attirando i miei interessi: la SEO (‘Search Engine Optimization’, Ottimizzazione dei motori di ricerca), nicchia del web, scienza astratta per definizione, disciplina operativa che potrebbe suonare-non suonare ai più o a quelli che non ne sentono l’esigenza.
Dopo alcuni anni di vita del mio blog (passati più di 6 anni !), su alcune utili indicazioni e suggerimenti è arrivata la decisione di accostare alla ‘testata’ un riconoscimento per lo stesso, creare un logo da affiancare ai contenuti che vengono di volta in volta prodotti “di proprio pugno” (… mano) e pubblicati su di esso.
Come ogni buona intro un breve spiegazione: in un panorama informatico che vede ancora al centro l’operatore seppur oramai dominato da un web semantico che va di pari passo con l’intelligenza artificiale (idea basilare che governa l’ambiente in lungo e in largo), relegandolo perciò ad un ruolo marginale, ed in funzione di vari dispositivi e tecniche annesse (smartphone oltre che i tradizionali desktop), un occhio di riguardo, sempre più preponderante se si analizza il Web da un certo punto di vista, va alla SEO come strumento indispensabile se si vuole mirare al miglior posizionamento possibile del sito nella lista dei risultati del motore di ricerca (SERP), e quindi alla varietà di metodologie d’approccio da utilizzare per raggiungere l’obbiettivo preposto.
Piccola nota conclusiva, che oltretutto va un pò contro le mie abitudini, i miei preferiti, l’uso di colori “colorosi” e chiari anziché scuri, ad evidenziare la linfa che vorrei scorresse in questi contenuti con l’auspicio di incontrare l’apprezzamento di visitatori e lettori !
Da diversi anni il settore del web si presenta con diverse sfaccettature, diversi profili professionali in risposta ad un mercato sempre più esigente e specifico: non si tratta più di un’unica persona tuttofare, un “informatico”, che bene o male si prestava ad assolvere ai diversi compiti richiesti dal web stesso ! .. no sarebbe praticamente impossibile, in considerazione anche delle diverse nozioni e conoscenze necessarie !
Da alcuni anni in particolare ci si riempie sempre più la bocca con paroloni che vanno ad identificare varie attività che vengono richieste in un contesto di Information Technology.. . le quali talvolta si sovrappongono per non dire essere confuse pur mantenendo la loro individualità (è il caso di dire “aver difficoltà a individuare un confine netto fra queste due figure”). E così si va dai primordiali web master, web developer, web designer, … ad altri profili che vanno ad identificare i vari ed attuali(zzati) spettri del settore: ux/ui designer, e-commerce specialist, SEO/SEM specialist, content creator, social media manager, data scientist, advertiser, …
E’ questo il caso dell’articolista (Content Writer in senso ampio, più nello specifico ‘Web Writer‘) e del copywriter, due terminologie nate nella giungla del web verosimilmente a seguito di una “macrocategoria”: il Content Manager / Specialist, ovvero colui che è autore di testi e contenuti multimediali di un sito web.
Ecco un caso lampante di due figure che vengono spesso confuse le cui attività, simili tra loro e che vanno a intersecarsi, in effetti non sono però le stesse. Ambedue infatti si occupano di scrittura (anzi, requisito essenziale è il saper scrivere bene) ma la differenza di fondo fra le due sta nello scopo a cui è finalizzata la scrittura stessa. Specificamente, il copywriter sviluppa contenuti, articoli con un obiettivo pubblicitario e di marketing, mentre la finalità del content writer (alias articolista) è di scrivere per il web, sia per aziende o siti di informazione piuttosto che per il proprio sito/blog; in senso più stretto, con la propria arte dello scrivere egli stimola gli utenti ad essere letto e seguito in modo che acquisiscano interesse e conoscenze verso l’argomento (e di conseguenza il brand) trattato.
Sovente il termine “copywriter” viene utilizzato pensando di riferirsi a chi scrive professionalmente per il web; ma, come visto, la figura del copywriter è legata al mondo della pubblicità e della sponsorizzazione. Scopo del content writer invece è quello di ottenere l’attenzione del lettore, tenendolo sulla pagina e attirandolo al “brand”; il Content Writer deve scrivere quello che l’utente cerca e vuole leggere.
Se ne seguiamo la genesi, due figure entrambe importanti che si sono tra l’altro evolute seguendo i cambiamenti velocissimi delle esigenze della rete. Se infatti in origine copywriter e content writer si distinguevano soprattutto per la loro formazione (pubblicitaria per il copywriter e di tipo giornalistico per il content writer), oggi conoscenze e competenze dell’uno e dell’altro si intersecano. Non è più sufficiente, ad esempio, che un copywriter, per raggiungere i propri obiettivi professionali, concentri i suoi sforzi unicamente su contenuti rivolti al marketing bensì che riesca ad integrare nelle sue abilità anche quelle svolte tipicamente dal content writer.
Copywriter e Content Writer come detto devono avere il talento dello ‘scrivere bene‘ – della ‘penna creativa‘ la chiamo io – con la finalità di pubblicizzare prodotti e/o servizi piuttosto che “argomentare”. Ciò vuol dire non solo scrivere buoni contenuti ma anche che sappiano attirare l’attenzione (e l’interesse) del lettore fino a condurlo a compiere una “azione” in senso stretto (call-to-action).
Diversi sono poi i punti che accomunano queste figure: SEO oriented, qualità dei contenuti, scrittura efficace.
Oggi le competenze di scrittura di ognuno, a differenza della propria figura originaria , devono spaziare in più campi. Ad esempio oggi al copywriter è richiesta la conoscenza della SEO, che implica l’utilizzo di una terminologia adeguata e di un modo specifico dello scrivere che siano indirizzate all’ottimizzazione sui motori di ricerca.
L’articolista si occupa essenzialmente della redazione di articoli per blog, siti o altri media con finalità informative o di intrattenimento. Peculiarità di questa figura è la conoscenza a 360° dell’argomento da trattare. Un articolista lavora principalmente sulla quantità e difficilmente ha la creatività e le competenze del Copywriter.
Un copywriter, per scrivere buoni contenuti, dovrà riuscire a creare titoli accattivanti, utilizzando però un un linguaggio chiaro e diretto, che riesca a orientare l’utente verso il brand. Lo stile di scrittura, infatti, è molto importante, in quanto strettamente correlato alla buona riuscita di un contenuto.
La mission del content writer non è finalizzata allo “scrivere per vendere“, piuttosto di incanalare il pubblico su determinati argomento suscitandone interesse, eventualmente a conoscere e “comprendere” il marchio e ciò che propone.
Nel tempo, si è assistito ad una vera e propria evoluzione nel comportamento dei consumatori per arrivare a scegliere ciò che acquisteranno. Difatti, ogni acquisto è dettato da un determinato ‘percorso’ (‘selezione’ e ‘scelta’) effettuato dal cliente che, mosso da interesse, dapprima cerca più informazioni in rete, confrontando non soltanto prezzi ma, consultando diversi siti, cercando ciò che più si avvicina a quelle che sono le sue effettive esigenze e che maggiormente lo ispira.
Se approccio e applicazioni della seo sono legati comunemente ai siti web commerciali, un nuovo ambito la lega ad un settore in fermento per gli ultimi accadimenti: seo e-commerce.
La crescita dell’e-commerce nel 2020
Ci siamo lasciati alle spalle un anno – il 2020 – particolare sotto diversi punti di vista che, aldilà dei diversi cambiamenti sociali che ha comportato, ha determinato un profondo “mutamento” anche in ambito strettamente economico: se fino adesso rappresentava solamente una soluzione alternativa per soddisfare le proprie necessità ed interessi, le abitudini degli italiani nei confronti dell’e-commerce hanno assunto in corrispondenza una sostanziale crescita: proprio a fronte delle misure restrittive imposte in quei mesi, sempre più aziende hanno intuito la necessità e la portata di essere presenti anche online con la propria attività. L’essere in grado di vendere online è ora un’esigenza innegabile per l’imprenditore, addirittura per “mantenersi in vita”. Questo balzo in avanti è certificato anche da un sondaggio condotto dall’Osservatorio E-Commerce B2C, team del Politecnico che s’impegna per un’analisi del mercato e delle soluzioni dell’eCommerce B2C, il ricorso agli acquisti online ha denotato un importante balzo in avanti facendo registrare un incremento del 79%.
Se le piattaforme CMS (Contet Management System) ci mettono a disposizione dei prodotti ad hoc per affrontare questa nuova esigenza, una prima opportunità ci viene offerta da Google, senza che parecchi se ne accorgano.
Svolta di Google
Dopo essere rimasta ferma sulle sue posizioni per 8 anni infatti, il 2020 ha segnato una svolta per il colosso di Mountain View che ha deciso di aprire alla ricerca gratuita sui prodotti (21 aprile 2020), sinora rimasta un accesso a pagamento, soluzione che va anzitutto ad aumentare il volume del traffico organico (cioè il traffico che arriva direttamente sul proprio sito) visto che l’accesso alla “vetrina” non è sottoposta ad alcun vincolo.
La svolta apportata da Google il 21 aprile 2020 tramite Google Shopping ha comportato come conseguenza una crescita di traffico organico (più traffico significa più vendite), scelta adottata anche per evitare di perdere quote di mercato nei confronti degli altri colossi, aderendo al modello ‘pay-to-play’.
L’apertura di Google Shopping ha creato una sorta di effetto domino: dare ai consumatori una gamma più ampia di prodotti fra cui scegliere significa un aumento del numero di ricerche e bisogni (soddisfatti). Da ciò discende una crescita della concorrenza e quindi di possibilità di potersi imporre sul mercato, favorendo gli advertiser di Google coloro che acquistano spazi pubblicitari sul motore di ricerca.
Google ha intuito di “doversi aprire a tutti” per offrire il prodotto ideale al cliente al miglior costo possibile (non devo più pagare per accedere alla sua vetrina di prodotti).
Per inserire i dati dei miei articoli in Google Shopping, in modo che li possa poi distribuire agli utenti, occorre essere iscritti a Google Merchant Center, piattaforma originariamente a pagamento ma ora gratuita e necessaria per esportare dal negozio online – seppur già esistenti – i dati corrispondenti ad ogni articolo presente affidandoli a Google tramite dei feeds. Questa soluzione è supportata anche dai CMS (in particolare, se ho un ecommerce già avviato posso disporre di tools appositi).
Alla ricerca di maggior visibilità e traffico per il sito
Tutte queste informazioni raccolte ed esportate dallo shop on line dunque tramite plugin o feeds e vengono affidate al motore di ricerca (es. Google) per poter poi essere fruibili in modo da avere maggior visibilità e generare più traffico sul sito pur avendo un piccolo business. “L’azienda che riesce ad aver più dati è quella che riesce a vincere la concorrenza”.
L’implementazione è stata resa disponibile da ottobre 2020, Questi elementi quindi non devono mancare nella progettazione del sito ecommerce. Del resto essi sono già presenti sulla scheda del prodotto: i dati sono accorpati e mantenuti da Big G.
Benefici della Seo
Benefici dell’E-Commerce
In ambito ecommerce investire nella seo consente di abbassare i costi dei canali pubblicitari (Ads, Facebook Ads, Social Media, …). Diametralmente opposto al contenimento dei costi per la pubblicità è l’aumento del traffico organico. Inoltre, aumenta la brand awareness (quanto è conosciuta la marca dei nostri prodotti), facilitare la ricerca a coda lunga (indubbio aumento di ‘conversione’) e migliorare la User eXperience (per essa è inoltre previsto un aggiornamento da maggio 12).
Per un aumento de traffico organico (TO)
Come portare più traffico organico sull’ecommerce?
“Se vuoi più traffico, devi iniziare a pensare come un motore di ricerca”: con questa massima si evidenzia che la pagina sia compresa dai motori di ricerca (tramite il passaggio degli spider). Più comprensibile è, migliore è il ranking.
Introduzione ai dati strutturati
Un indubbio aiuto al lavoro di scansione dello spider che passa le pagine del sito è svolto dai dati strutturati (‘la seo moderna’) possono aiutare. Permettendo una maggiore visibilità su un maggior numero di prodotti.
Ne discende che una maggiore visibilità degli articoli determina più visibilità al negozio online e quindi maggiori possibilità di vendita.
Pensare come un motore di ricerca
“Pensare come un motore di ricerca”: possiamo individuare alcuni elementi per assicurarsi che la propria pagina sia “compresa” dal motore di ricerca, e di conseguenza auspicare in un ranking più facile:
1 Avere un sito mobile-friendly. Considerando che ora la maggior parte delle persone utilizza dispositivi mobile per collegarsi ad internet, quando si progetta e sviluppa un progetto web dobbiamo ribaltare l’approccio: devo pensare alla mobile Experience (sito web Mobile-friendly). Costruendo un sito non devo pensare a come sia visto ‘in grande’, su desktop. Ma alla mobile experience; a maggior ragione per un sito e-commerce da zero devo ragionare in stile mobile experience.
2 Velocità di caricamento delle pagine: le persone esigono tempi rapidissimi nelle loro ricerche, per cui questo aspetto non può essere sottovalutato. Quindi importante lavorarci per avere un tempo di caricamento di 3-4 secondi.
3 Scegliere le parole chiave giuste (parole chiave più specifiche con un volume di ricerca inferiore possono generare più conversioni rispetto ad altre generiche: una keyword research più ampia è un must), nelle varie “sfaccettature” e sugli intenti di ricerca (i. navigazionale, i. informazionale, i. investigativo, i. transazionale).
4 Approfondire i contenuti sintetici. Evitare i contenuti scarni anche per un sito di e-commerce: mettere più informazioni che servono a spingere la pagina dell’articolo. Strategia necessaria e più che mai opportuna perché il prodotto ranki.
5 Inoltre, ottimizzare immagini e video: metterle in modo intelligente perché la pagina non diventi pesante ovvero lenta, quindi siano ottimizzate per non influire sul caricamento.
Ancora sui dati strutturati
L’introduzione dei dati strutturati facilita il lavoro allo spider che nel suo passaggio può in questo modo capire tutti i dati riportati. In questo modo lo spider trova tutti i dati necessari e utili sul prodotto, viceversa il mancato utilizzo non lo faciliterebbe.
I dati strutturati permettono di parlare la lingua dei motori di ricerca.
Ma quali sono i dati strutturati ? Essi rappresentano il ‘linguaggio naturale’ per parlare con il motore di ricerca.
Schematicamente, nella parte sinistra il codice tradizionale (sito) da cui il motore di ricerca è in grado di estrarre i dati (parte destra). Quello indicato (Google Structured Data Testing Tool) è il tool più raccomandato. Operativamente, basta inserire la url di una pagina (prodotto) in [TEST]. Un segmento di codice viene inserito nel siro e da esso il motore di ricerca è in grado di estrapolare tutti dati relativi.
Da un codice complesso lo spider è in grado di estrapolare i singoli dati che è in grado di vedere (nome prodotto, immagini, ecc).
Per semplificare il lavoro di conversione – certamente non facile da leggere – si può fare ricorso a dei plugin.
“Mettere i dati strutturati sui siti facilita il lavoro anche dei programmatori, chi sta dietro ai motori di ricerca. Tutti i dati strutturati ci aiutano a capire meglio le entità presenti in pagina.” (John Muller)
Le entità
Occorre introdurre un nuovo concetto:
Nel 2013 i gestori dei principali motori di ricerca si sono riuniti e hanno deciso di adottare un glossario globale che rappresentasse tutti gli oggetti reali ognuno dei quali deve essere convertito in un ‘oggetto’ comprensibile alla macchina.
L’entità rappresenta qualsiasi elemento presente nel mondo reale (persone, prodotti, luoghi, ecc), che il motore di ricerca è in grado di apprendere.
Più entità messe insieme fanno il Knowledge Graph.
Un Product Knowledge Graph è un a raccolta di tutte le entità dei prodotti di un magazzino. Se cioè ho un negozio online con 600 articoli ognuno di essi costituisce una entità e creano un Product Knowledge Graph.
Benefici di un Product Knowledge Graph:
1. Aiuta a vendere al di fuori del tuo e-commerce 2. Migliora la visibilità in termini di SEO 3. Permette di coinvolgere i clienti con contenuti immersivi, ovvero una modalità di fruizione a 360° dei contenuti scoprendone anche di nuovi.
Ma la grande novità per il 2021, annunciata nel novembre 2020, è che la Page Experience a partire da maggio 2021 sarà un fattore di ranking; tradotto l’esperienza utente arriva sul sito. Vale a dire verrà valorizzato come è facile caricare una pagina oppure quanto è facile muoversi da una pagina all’altra, quanto è facile comprare un prodotto da un e-commerce, ..
Possiamo concordare che l’avere pagine veloci è determinante per il cliente/consumatore che arriva sul nostro sito.
Conclusioni
Alla seo classica si accosta quella che è definita come agentive seo, la seo “potenziata dall’intelligenza artificiale” (‘seo moderna‘) su cui adesso più che mai è necessario investire (ora i motori di ricerca sono molto più intelligenti !).
I dati strutturati sono la soluzione perfetta per comunicare informazioni di un prodotto (sono di gran lunga migliori delle keywords): inserito il dato il motore di ricerca è in grado di estrapolare una mole di dati riguardo il prodotto.
La tecnologia AMP (Accelerated Mobile Pages, pagine accelerate per il mobile) è stata introdotta per aumentare la velocità di caricamento delle pagine internet da dispositivo mobile. Al giorno d’oggi, infatti, una discriminante essenziale per l’indicizzazione nella lista dei risultati dei motori di ricerca – e ancora prima nell’ottimizzazione di un sito, mobile nello specifico – è rappresentata dalla velocità di caricamento delle pagine che sposa la necessità di utilizzare dei temi responsive. Tecnica sviluppata in risposta all’introduzione dell’indice mobile-first (il quale va a “premiare”, a dar precedenza alla versione mobile dei contenuti di un sito ai fini della sua indicizzazione), inversione “di approccio” avviata ufficialmente da Big G da 5 anni (progetto Google AMP).
Da diversi studi si rileva che gli utenti abbandonano la pagina di un sito se non viene caricata entro 3 secondi: questo significa un’elevata percentuale di utenti persi. Proprio per questo motivo, l’implementazione di AMP può essere una scelta vincente e ottimale per quei siti che si occupano della fruizione di informazioni e quindi in particolare di contenuti testuali. Le pagine AMP sono il futuro dei blog aziendali.
Fermo stante il concetto di ‘mobile-friendly‘, il proclama ‘Mobile First al posto del Desktop First‘ ribalta e scombussola la primordiale concezione di progettazione e sviluppo di un sito web.
La presenza di pagine AMP su Google viene stigmatizzata tramite una sorta di lampo che richiama proprio la velocità di caricamento.
Ma in cosa consiste la tecnologia AMP ? Partendo da una Library Open Source, le AMP non sono altro che pagine fatte con gli stessi elementi di tutte le pagine tradizionali, quindi basate su HTML, CSS e Javascript, ma che presentano alcune restrizioni in base a regole e tags specifici, eliminando tutti i fattori che rischiano di rallentare il sito web e consentendo in questo modo un codice più performante e che poggia su script asincroni, caratteristiche chiave che contraddistinguono le pagine AMP e che servono a ridurre la velocità di caricamento dei contenuti statici: secondo questa modalità vengono cioè eliminati tutti quegli elementi che “rallentano” il sito, determinando così una considerevole riduzione del peso di una pagina e dunque del suo tempo di caricamento (statisticamente, le pagine AMP sono 4 volte più veloci rispetto alle pagine tradizionali). Vista allora la loro natura, le pagine AMP sono sicuramente ideali e preziose per le testate giornalistiche e i siti di notizie in generale; meno necessarie per le pagine istituzionali di un sito (di per sè già veloce e performante). Ma non può essere applicato con altrettanto successo agli e-commerce, per cui sarebbero necessari ulteriori adattamenti al codice decisamente difficili da implementare.
Le pagine AMP privano l’utente di tutte le funzionalità aggiuntive legate alle animazioni e agli effetti speciali, per privilegiare una pagina pulita ed essenziale nell’aspetto, di modo che resti concentrato sui contenuti.
Le pagine mobili accelerate sono fondamentali per creare un’esperienza utente migliore e più veloce su internet mobile.
Dal momento del suo lancio, il progetto AMP ha ottenuto parecchie adesioni da parte di aziende, blogger e freelancer che avevano la necessità di snellire l’esperienza mobile. AMP permette una navigazione più armonica tra i contenuti editoriali.
Ci sono alcune caratteristiche chiave che contraddistinguono le pagine AMP e che servono a ridurre la velocità di caricamento dei contenuti statici.
La velocità di caricamento è uno dei fattori di Ranking più importanti. E’ opinione comune fra gli operatori che i principali vantaggi derivanti dalla loro implementazione sono un aumento significativo del volume di traffico organico e delle conversioni facilitate da esperienze mobile più veloci. Coloro che si occupano di SEO e di mobile SEO sono concordi nell’affermare che un sito web AMP ben strutturato abbia vantaggi in termini di traffico organico, engagement e ranking. Contrariamente alle dichiarazioni ufficiali di Google sin dai tempi del lancio del mobile-first index che negavano questa possibilità, verosimilmente qualche effetto pare possa esserci. Le pagine AMP riportano fondamentalmente l’attenzione sui contenuti dei siti web; le aziende che hanno scelto di implementare pagine mobile accelerate hanno riscontrato rilevanti incrementi di traffico in termini di ricerca organica.
Si rileva inoltre l’esistenza di una relazione tra utilizzo della tecnologia AMP ed aumentate performance su Google: il motivo può essere ricavato dal fatto che l’user engagement sui siti AMP è decisamente maggiore rispetto ai siti non AMP, e che le conversioni derivanti da esperienze mobile più veloci sono decisamente maggiori.
Per ciò, è possibile utilizzare un plugin AMP il quale, una volta installato, associerà ad ogni url una versione ‘/amp/’. Oppure ancora adoperare uno specifico editor che permette di gestire e personalizzare alcuni parametri per la versione AMP dei post/pagine. Inoltre, attivare Google AMP può aiutare a ridurre il carico di richieste ai server e migliorarne la performance. Google salverà una versione cache della pagina AMP e la mostrerà agli utenti su dispositivi mobili. Condizione sine qua non, e quindi per trarne vantaggio, è comunque che si abbiano contenuti di qualità; l’implementazione cioè di pagine AMP non determina automaticamente un aumento di accessi al sito.
C’è una relazione tra AMP e ranking? Google può dare una priorità tra i risultati in SERP ai siti che utilizzano pagine AMP? Benefici potrebbero arrivare innanzitutto dal miglioramento complessivo delle performance del sito e dell’user experience da mobile, oltre che dalla maggior velocità di caricamento e di utilizzo. In aggiunta, si può ipotizzare che Google utilizzi come fattore di ranking anche una serie di segnali dell’user engagement, così come lasciano intuire i risultati delle implementazioni AMP.
Il rovescio della medaglia, vale a dire gli svantaggi di Google AMP: riduzione dei guadagni pubblicitari, statistiche meno dettagliate, limitazioni negli stili e negli script, migliore qualità del codice.
Per approfondimenti sull’argomento: https://blog.leevia.com/web-marketing/pagine-amp-cosa-funzionano-utilizzarle/
Fare ‘scrittura creativa‘ è come preparare la pasta del pane quotidiano …. Come il fornaio inizia la sua giornata la sua attività lavorando una cospicua massa di pasta ben lievitata, così secondo me chi si approccia alla scrittura creativa deve cominciare dal grosso, da una varietà di riferimenti da cui attingere per arrivare all’elaborato finale, quindi selezionando le risorse trovate e ricavate dal web o da altre fonti.
Da qui inizia il vero lavoro della penna creativa: analizzare ciascuna fonte e da ognuna di esse estrapolare il succo, i passaggi che reputa importanti per la stesura del proprio articolo. Una fase questa che meriterebbe particolare attenzione, quella di un’attenta lettura dei “pezzi” per metterne in risalto i passaggi principali da riportare nel proprio. Una fase inoltre che il più delle volte non si riduce ad una sola lettura ma spesso ad una rilettura .. e rilettura delle fonti medesime, al fine di … ottenere il meglio per il risultato finale. A questo punto si arriva alla fase di “assemblaggio” ovvero riunire i vari pezzi evidenziati nella fase precedente, riunendoli in un discorso logico e scorrevole, che potenzialmente attiri l’interesse di chi legge.
Altra similitudine (più) lampante è quella dello scultore che si trova di fronte ad una grossa massa di roccia o legno da cui fare uscire una ‘opera’. Egli procederà così a lavorarla, a intagliare e sminuire, con appositi attrezzi fino a farle assumere la forma o il soggetto desiderato così come il creativo si appassiona con la stessa intenzione e le stesse finalità.
Per l’elaborato finale poi, alla stregua dei segreti dell’impasto del pane piuttosto che dello scultore, non possiamo evitare – quando possibile – di metterci pure la nostra opinione l’analisi critica, il nostro “sigillo di qualità” per un pezzo originale (si spera !!).
E’ doveroso un distinguo, porre una linea di demarcazione fra le due arti: la scrittura creativa si distingue dalla scrittura di qualità, ‘scrittura ottimizzata‘ dei testi (seo copywriting), perché nella prima abbiamo facoltà di (ri)scrivere testi ‘a mano libera’, nella quale possiamo cioè procedere a ruota libera, non è soggetta a regole o altro da rispettare, la seconda deve invece far riferimento ad un’altra arte, la SEO, che mira all’ottimizzazione dei testi, al rispetto e osservazione di determinate regole al fine di rendere il contenuto visibile al pubblico, oltre che di qualità, tramite alcuni accorgimenti nella formattazione del testo: uso del grassetto piuttosto del corsivo, o entrambi, eccetera, proprio per metterne in risalto i passaggi, le parole chiave, favorendone la visibilità ai bot: dunque uno step che va oltre l’unicità dell’articolo.
In un articolo precedente avevo riportato i progressi raggiunti sul campo dalle ultime applicazioni e i possibili sviluppi in ottica SEO. Il 2021 sarà tutt’altro che chiaro per il settore del marketing e i suoi operatori, pur potendo contare su tendenze già delineate, al fine di pianificare una adeguata strategia di social marketing.
Mai pensare a una social media strategy per l’anno a venire è stato più complicato: il 2020 lascia in eredità un anno pesante sia per le impreviste mutate abitudini delle persone a causa della pandemia sia per l’ attività fortemente compromessa dalle misure restrittive messe in atto negli ultimi mesi per le imprese di diversi settori; dall’altra parte “freme” oramai la voglia di riscatto di ripartenza con l’affacciarsi di nuove tecnologie e modalità d’approccio.
Punto fermo rimane quello attuale della pandemia i cui effetti, anche se dovesse rientrare nei mesi a venire, si protrarranno ancora per lungo tempo, rendendo finanche difficile mettersene alle spalle le conseguenze. E’ per ciò che le aziende sono chiamate ad adeguare il proprio modo di fare comunicazione per mantenere il loro ‘primato’ sul mercato, come assecondare una maggiore importanza della digitalizzazione e dei contatti umani – riflessi dei lockdown che si sono succeduti.
Tendenze che secondo l’autorevole Ninja Marketing ruotano attorno a tre concetti chiave, tre “tracce” che faranno da padrone nel delineare i trends per l’anno a venire pensando ad una strategia da adottare: “contenuti“, “meme“, “nostalgia“: tradotto, maggiori fruizione e condivisione ‘a più mani’ e trasversalità dei contenuti, purché siano di qualità, i meme evoluzione delle tanto ricorrenti e utilizzate emojis, sempre più utilizzati dai social media tanto da offuscare le prime; nostalgia come elemento trainante a significare una sorta di trasposizione dal sociale al digitale delle nuove necessità ed esigenze avvertite.
Due osservatori in particolare, We are social, ripreso da Ninja Marketing, e Talkwalker, hanno dedicato un report a riguardo, da una parte uno che analizza le nuove tendenze da un punto di vista settoriale dall’altra un rapporto che più in dettaglio guarda ai mutati comportamenti sociali e al modo in cui poi vanno a riflettersi sempre sugli orientamenti di categoria, un’analisi più orientata dunque al ‘micro’, dando voce anche a marketer professionisti. Nel suo lavoro l’agenzia Wearesocial mette in rilievo i mutamenti sociali conseguenti alla pandemia: se il distanziamento sociale e i ripetuti lockdown iniziati con il mese di marzo hanno portato a riscoprire i valori empatici e più basilari della società, ben presto questi sono stati traslati nel mondo digitale (per esempio si è assistito alla nascita di diverse community dedicate proprio alla riscoperta e alla divulgazione di essi) portando gli imprenditori ad affrontare la sfida della digitalizzazione ripensando alle vecchie logiche per .. rimanere a galla e rispondere ai nuovi bisogni dei consumatori. Viene inoltre incentivata una riscoperta delle potenzialità dei social nel fare riavvicinare persone lontane.
Wearesocial evidenzia pure come le persone tendano a prestare maggiore attenzione ai profili che tendono a seguire sui social: sempre più consapevoli ed esigenti rispetto alla pertinenza dei contenuti vedono nei cosiddetti influencer figure in cui rispecchiarsi per i propri gusti e scelte. Ecco allora che le aziende dovranno prestare attenzione anche all’influencer marketing nella definizione di strategie. Viene poi esaltato il concetto più che mai determinante di “crossmedialità“: la consultazione di più canali multimediali per le loro ricerche, infatti, caratterizza con sempre maggiori riscontri le modalità d’approccio degli utenti ai social media fino a interagire con propri ‘elaborati’. Contenuti il cui editing in passato era prerogativa di una specifica piattaforma, oggi diventano trasversali coinvolgendo più piattaforme come flessibilità nella loro creazione. https://www.insidemarketing.it/social-media-trend-2021-scenari-futuri-e-prospettive/
Talkwalker ha svolto un lavoro più ‘di settore’ andando cioè a verificare come i succitati cambiamenti sociali si riflettono nel settore del marketing. A concetti-chiave basati sulla componente sociale, ne accosta – o meglio ne fa derivare – altri più attinenti al marketing (presa di consapevolezza dei social media contro la disinformazione digitale e battaglia contro le fake news, con uno sguardo al passato quanto ai mezzi di comunicazione. Il pubblico sarà più socialmente consapevole. Viene valorizzato con il target di ‘remix marketing‘ il nuovo contenuto generato dagli utenti – il nuovo UGC User Generated Content: si individua qui la capacità dell’utente di estrapolare e importare da altre risorse o testi concetti e combinarli per esprimere la propria opinione. https://www.talkwalker.com/it/tendenze-social-media
Se da una parte si conferma che “il Contenuto è il re” dall’altra “il consumatore ha sempre ragione”.
Se per Steve Jobs i webmaster venivano additati come figure ‘in circolo’ e usate da poche persone, la sua interpretazione va rivista o meglio aggiornata ! Ne è un chiaro sintomo l’aver ribattezzato pochi giorni fa il Google Webmasters Central in Google Search Central con un certosino indizio sul cambiamento “generazionale” in corso. La terminologia ‘webmaster’ è stata ufficialmente (e operativamente) deprecata, o meglio rimpiazzata: con ciò decade la figura ‘nuda e cruda’ di webmaster preferendo spostare l’attenzione su SEO specialist, marketer, web developer, blogger, …
Un0a riflessione asettica questa, perché se volessimo darle un taglio più specifico beh si aprirebbe un mondo a riguardo, leggi qui 1 e 2.
A poco meno di 100 giorni dalla fine dell’anno, facendo un riepilogo del 2020 e di quanto già anticipato dai mesi precedenti, ripercorriamo(e riprendiamo) di seguito le importanti novità in ottica SEO. Novità per lo più improntate all’indicizzazione e posizionamento delle pagine web, obiettivo incentivato dall’introduzione di nuove tecnologie (vocal search e assistenti vocali). Un ‘refresh’, un recap imprescindibile per chi ha a che fare con la SEO in senso stretto e sviluppo di contenuti.
Una delle innovazioni più importanti, che ha creato più rumors nel settore, è senz’altro l’adozione anche nel nostro paese del nuovo algoritmo di Big G: Google Bert il quale avvicina ancor più il “sistema algoritmo” al linguaggio umano, quindi ad un web semantico. Con esso Google ha concentrato gli sforzi sullo sviluppo di un sistema per fornire risultati di ricerca sempre più attinenti e precisi alle esigenze del navigante che sottopone una query. Operativamente, la “responsabilità” è a carico non del SEO specialist ma di chi è reputato a redigere i contenuti perché siano sempre più appetibili per il crawler di turno. Gli ultimi mesi hanno visto l’introduzione e l’affermazione di metriche sempre più precise (Web Vitals) sulle prestazioni del sito, oramai indispensabili per puntare su indicizzazione e posizionamento del sito, con il chiaro intento di direzionare lo sviluppo delle pagine rispondendo alle esigenze della User Experience. Al contrario del precedente , “l’onere” in questo caso è a carico dello sviluppatore delle pagine web. Dal momento che, come anticipato, dal 2021 l’esperienza di navigazione sarà classificata come fattore di ranking, è perciò irrinunciabile e indifferibile che il sito sia ben progettato e strutturato, nella usability e nella facilità di navigazione oltre che per i contenuti. Seguendo la tendenza di altri social, anche Google si è allineato a un classico ovvero le “visual storytelling“. Introdurre le Web Stories assume infatti importanza anche in ottica SEO in quanto esse permettono di dare ancor più risalto ai contenuti prodotti. Altro “scossone” dell’anno è stato quello dei featured snippet, da non confondere con i rich snippets (i f.s. forniscono delle risposte a una query digitata, i r.s. danno una miglioria ad un risultato di ricerca), introdotti da Google per fornire all’utente in poche righe un’informazione completa su ciò che cerca, individuabili da un testo racchiuso in un rettangolo all’inizio di una pagina di SERP con i suoi risultati. Se l’argomento era già stato trattato negli anni precedenti, nel 2020 il concetto di “dati strutturati” ha assunto ancora più rilevanza, argomentazione che si combina con altre tecniche promettenti es. knowlegdge graph e ricerca vocale. L’introduzione dei dati strutturati consente di “scendere”agli elementi minimi di un costrutto ovvero le entità e di comprenderne le relazioni per fornire la risposta più esaudiente anche per specifiche query; permettono altresì maggiore visibilità e possibilità di essere posizionati anche per particolari ricerche es. local seo. Già introdotti nel 2019 e ripresi nella primavera de 2020 Google ha stravolto l’interpretazione del tag rel “nofollow” in chiave di posizionamento: vale a dire che ora col tag è possibile passare al crawler se si tratta di un link a pagamento (rel=”sponsored“), se il collegamento fa riferimento a User Generated Content (rel=”ugc“…), che la pagina linkata non venga seguita (rel=”nofollow“). Anche il capitolo ‘immagini‘ è stato rivisto ai fini di una ottimizzazione migliorandone la compressione e la qualità in upload. Ecco così il nuovo formato AV1 (.avif) 12, uscito dalla fase beta già dalla primavera del 2018. Formato tenuto a battezzo da Netflix, superiore in termini di rapporto qualità/compressione ai tradizionali JPEG, PNG e il recentissimo WebP.
Un altro passo avanti nel mondo della SEO – verrebbe da dire ! Stavolta, protagonista o meglio finito sotto i riflettori della casa di Mountain View è una delle ultime innovazioni introdotte in tema di multimedialità e strutturazione delle pagine web: i rich snippets. Se a proposito del loro utilizzo e validazione Google aveva messo a disposizione uno strumento di validazione mediante cui gli operatori SEO potevano controllare la corretta implementazione del codice, tool ‘decantato’ fino al giorno prima, è degli inizi di luglio la notizia secondo cui questo non sarà più disponibile.
Anche se la scelta non avrà effetti immediati, non si tratterà comunque di un ‘addio totale’ dal momento che il tool sarà comunque integrato (e migliorato) nel nuovo strumento di test dei risultati multimediali che lo sostituirà.
Progetto sviluppato nel 2017, il nuovo strumento di test consente di testare sia porzioni di codice che URL di pagine web di rich snippet tradizionali come di altre tipologie di risultati di ricerca che vengono visualizzati in una SERP. Se all’inizio consentiva di supportare solo i quattro tipi-base di dati strutturati (ricette, annunci di lavoro, film e corsi), ora il tool ex-novo si dimostra compatibile con dati strutturati in JSON-LD, Microdata e RDFa. Il tool consente in particolare, in fase di analisi del codice di un pagina web, di fornire in risposta sia errori (che impediscono alla pagina di essere visualizzata sul Web) sia avvertimenti (uno o più elementi non verranno mostrati nella SERP.
Qui riporto un articolo su alcune valide alternative al tool di Google.
Con gli anni Novanta è diventata consuetudine dei programmatori di pagine web ricorrere alla tecnica dei collegamenti ipertestuali utilizzati all’interno di un testo al fine di arricchirlo di preziosi rimandi ad altre risorse per approfondire determinati aspetti, concetti o biografie presenti nel testo stesso, con la finalità implicita di soddisfare il comune internauta altrimenti costretto a continui … “salti”.
Quella dei collegamenti ipertestuali, comunemente chiamati link, è una storia ancor più lunga che trova i suoi albori negli anni Sessanta ma che ha avuto la sua esplosione con la nascita del World Wide Web (XX secolo appunto); indubbio vantaggio è che evitano di dover scrivere contenuti chilometrici, rappresentando una soluzione per ovviare ad articoli altrimenti lunghi e con una quantità eccessiva di informazioni costringendo l’utente ad un continuo scrolling dello stesso. ‘Col senno di poi’ è stato un primo approccio per rendere fruibili al navigante contenuti interessanti e completi su di una ricerca, senza dover saltar da un testo all’altro, in grado cioè di offrire una lettura ‘a 360°’ su di un’unica pagina, non limitandosi cioè all’essenza di ciò che si cerca ma fornendo al tempo stesso utili approfondimenti e contestualizzazione dell’argomento. In particolare, il collegamento ipertestuale può essere interno (rimandare ad un’altra pagina del sito medesimo) o esterno (che rimanda ad siti web esterni) o al sito stesso, a seconda delle esigenze che ha chi sta scrivendo la pagina web, oppure un’ancora per fare riferimento ad una posizione specifica della pagina che si sta visitando (anchor text), probabilmente molto lunga.
In anni più recenti, per venire incontro alle sempre maggiori esigenze dell’utente, sempre più fuori casa e per necessità collegato alla Grande Rete tramite smartphone o tablet per poter disporre di informazioni e risorse in tempi brevi, l’avvento e l’affermazione del concetto di web semantico ha determinato una importante revisione in merito con il risultato dell’approccio ad una nuova visione della pagina web dal punto di vista dei contenuti.
Quello dei dati strutturati è un concetto strettamente correlato a quello di ottimizzazione Seo comprende anche gli accorgimenti per ottimizzare la performance di un sito nel posizionamento nei risultati sui Motori di Ricerca, Google in primis.
L’idea di strutturare i dati di una pagina in modo tale che le informazioni scritte dagli uomini possano essere elaborate dai programmi, risale al concetto di web semantico. I dati strutturati permettono la scansione automatica dei contenuti delle pagine. I dati strutturati sono un formato standardizzato per fornire informazioni su una pagina e classificarne il contenuto; ad esempio, nella pagina di una ricetta sono gli ingredienti, il tempo di cottura e la temperatura, le calorie e così via.
Google utilizza i dati strutturati per comprendere e classificare i contenuti della pagina. Esistono diversi formati un cui rappresentare i dati strutturati (Microdati, RDFa, JSON-LD) fra cui il più utilizzato è JSON-LD il quale viene richiamato tramite script. La maggior parte dei dati strutturati di ricerca utilizza il vocabolario schema.org. Ad esempio, di seguito viene riportato uno snippet di dati strutturati JSON-LD che potrebbe essere visualizzato in una pagina di ricette, che descrive il titolo della ricetta, l’autore della ricetta e altri dettagli:
<html> <head> <title>Party Coffee Cake</title> <script type="application/ld+json"> { "@context": "https://schema.org/", "@type": "Recipe", "name": "Party Coffee Cake", "author": { "@type": "Person", "name": "Mary Stone" }, "datePublished": "2018-03-10", "description": "This coffee cake is awesome and perfect for parties.", "prepTime": "PT20M" } </script> </head> <body> <h2>Party coffee cake recipe</h2> <p> This coffee cake is awesome and perfect for parties. </p> </body> </html>
La Ricerca Google utilizza inoltre i dati strutturati per abilitare funzionalità e miglioramenti dei risultati di ricerca.
Con “Rich Snippet”, invece si fa riferimento ai risultati di ricerca che sono arricchiti da elementi grafici i quali favoriscono la visibilità e l’interazione dell’utente. A livello pratico, quindi, sono tutte le informazioni supplementari che vengono visualizzate nei risultati, ogni volta che viene effettuata una ricerca in rete. Tali informazioni sono il risultato delle implementazioni dei Dati Strutturati su schema.org. L’adozione di questa strategia comporta dei notevoli vantaggi al sito. Primo fra tutti, l’aumento del numero dei click e delle visite.
Con il termine “snippet” si intendono i metadati utilizzati da Google per far comparire un sito nell’elenco dei suoi risultati (titolo, descrizione e URL). Google ha arricchito queste informazioni, disponibili come detto sin dalla SERP, con ulteriori dettagli, i cosiddetti rich snippet. In questo modo, i dati della pagina che possono essere comunicati già dalla SERP aumentano: dalle stelline al prezzo all’autore (nel caso di un contenuto) e così via. [ESEMPIO RICH SNIPPET]
Occorre inserirli all’interno del codice del proprio sito web usando le indicazioni presenti su Schema.org.
Schema.org: Lo scopo è fornire informazioni affinché i motori di ricerca comprendano meglio il contenuto dei siti web in modo da migliorare i risultati delle ricerche per gli utenti. Schema.org ti consente di predisporre i Rich Snippet (dati strutturati) che vengono visualizzati sotto al titolo e alla descrizione della tua pagina.
L’adozione di questa strategia comporta dei notevoli vantaggi al sito. Primo fra tutti, l’aumento del numero dei click e delle visite.
I Rich Snippet rafforzano (e completano) la versatilità dei collegamenti ipertestuali.
In secondo luogo, l’integrazione dei Dati Strutturati permette di aggiungere informazioni nel sito. In questo modo Google risponderà con precisione a specifiche domande, mostrando la Knowledge Graph. La risposta viene data direttamente da Google senza rimandare ad alcun sito web. L’introduzione e progressiva affermazione del concetto di web semantico hanno poi portato ad enfatizzare l’importanza dei dati strutturati, ovvero la tendenza a strutturare una pagina web in modo che le informazioni scritte siano facilmente elaborate dai programmi, nel caso specifico riconosciute nel passaggio di scansione del crawler, in modo da permettere una scansione automatica dei contenuti delle pagine. In tal modo, è reso possibile per i motori di ricerca la loro elaborazione come knowledge graph. La ricerca semantica si svolge non per singole parole ma per concetti, entità.
Il famigerato dato che viene comunicato a Google è il seguente >> schema.org/PROPRIETA’ …………..
Esistono tantissimi plugin (anche gratuiti) per aggiungere i Rich Snippet (dati strutturati) a WordPress senza bisogno di dover manipolare direttamente il codice.
Dopo averli inseriti, è possibile testarli con un tool gratuito di Google. Lo strumento di assistenza per il markup aiuta ad incorporare i dati strutturati, implementando il codice una volta selezionati gli articoli (prodotti, ricette, articoli e testi, eventi, musica, Hotel e così via) che si vogliono rendere visibili su web, quindi verrà generata una pagina con un codice HTML con microdati: così il codice è subito disponibile.