Dopo due secoli di liturgia in greco, l’Occidente cristiano adotta la lingua latina che, messa in musica, dà vita all’esperienza mirabile del “canto gregoriano”, interessando diversi secoli di storia a cavallo tra i due millenni. La particolarità di questo genere musicale è quella di cantare la parola di Dio all’unisono e mediante ariose melodie che raffigurano spiritualmente il contenuto teologico. Come ogni canto è espressione del cuore, le melodie gregoriane hanno la capacità di incantare e di orientare la mente a Dio nell’adorazione e, dunque, nel silenzio orante.
La storia del canto gregoriano è un vero itinerario tra bellezza e spiritualità, in mezzo a contrasti geografici e riti proprii, accomunati dalla natura spirituale del canto liturgico. Dall’esperienza della Chiesa primitiva, che cantava con dialoghi tra sacerdote e popolo, si giunge nel V secolo alla nascita della schola cantorum, un piccolo gruppo di chierici che canta il repertorio nascente, parallelamente allo sviluppo della liturgia. La successiva condensazione dei diversi riti nella liturgia romana porterà alla stesura ufficiale di testi e melodie, stupendamente riportati in codici (libri di canto) a uso delle scholae e delle comunità ecclesiastiche. Dal IX secolo il repertorio del canto gregoriano si codifica e si diffonde in tutta l’Europa cristiana. Ad esso appartengono le melodie dell’Ordinario e del Proprio della Messa e quelle dell’Ufficio delle Ore. Questi brani diventeranno il “canto proprio della liturgia romana “ (Sacrosantum Concilium, 116), trasmesso e coltivato per secoli, per bellezza e spiritualità paragonabile a una “Bibbia in musica“, dove il canto collabora nella meditazione del testo sacro. La Chiesa non ha mai abbandonato questo genere musicale che, per la sua efficacia particolare nella preghiera cantata, in quanto apre alla contemplazione chi canta e chi ascolta, fa assaporare una certa pace dello spirito. E’ ciò che riconosceva lo scrittore Antoine d Saint-Exupéry: “C’è un problema e solo uno in questo mondo: rendere agli uomini un significato spirituale, delle inquietudini spirituali, far provare ad essi qualcosa che assomigli al canto gregoriano”.
Per gli astanti “volenterosi’ accorsi stamane alla baita S. Maria un inusuale… “risveglio in musica”. ‘Spot’ azzeccato per l’ appuntamento musicale offerto dalla pro loco di Cuveglio in collaborazione con il comune di Cuveglio, il Centro Anziani di Vergobbio e la cooperativa di ‘Musica per Varese’ presso il parco omonimo di Cuveglio. Cosa di meglio di iniziare una mattinata domenicale con della bella musica ‘pizzicata’, melodie leggere, temi di colonne sonore che riecheggiano, proponendo una cavalcata fra la tradizione celtica, melodie indimenticabili talora riprese dai film fino ad arrivare a tempi più contemporanei ? Ecco allora protagoniste l’arpa celtica di Silvia Zandegù e il flauto traverso di Vanessa Capato, giovani musiciste e insegnanti presso la locale scuola musicale di Cuveglio. Come da ‘traccia’, Il programma si articolava fra melodie suadenti (‘Il Mattino’ di Edward Grieg, ‘The green man’ e ‘Morgan’), melodiche e fantasiose (come ‘Greensleves’ e ‘A fairy’s love sog’, ‘La bella e la bestia’), ad altre più famose (Il lago dei cigni di Tchaikovsky e la struggente ‘My heart will go on’, celebre colonna sonora del film ‘Titanic’) opportunamente arrangiate. Che dire ? Un bel modo per iniziare una giornata di festa !
Un tentativo di ripresa ‘dopo il lungo silenzio‘: è partendo da questo motto che Dopo un lungo periodo di silenzio che ci ha allontanato dai rapporti abituali, da Caravate riprende vita la stagione musicale con un concerto in presenza, nel pieno rispetto delle misure imposte, organizzato da comune e parrocchia di Caravate. Il programma comprende infatti lo “Stabat Mater” di Pergolesi e tre Sonate da chiesa per organo e archi di Mozart, brani che ben si adattano al messaggio che si vuole trasmettere attraverso il concerto. Una serie di composizioni con cui si vuole rappresentare il passaggio dal tempo del silenzio e dell’ angoscia determinata dal Covid, a un nuovo tempo di risveglio, di speranza e di rinascita.
E’ ad una preghiera del XIII secolo attribuita a Jacopone da Todi che s’ispira il programma della serata, organizzato dalla parrocchia dei SS. Giovanni Battista e Maurizio di Caravate e che vede l’interpretazione affidata al duo di voci femminili, soprano Antonella Romanazzi contralto Cecilia Bernini, accompagnate dalla formazione d’archi dell’orchestra Antonio Vivaldi di Sondrio e dal all’organo/cembalo dal M° Marco Cadario una interessante e preziosa pagina del barocco.
Componimento commissionato a Pergolesi per celebrare la liturgia della Settimana Santa. La prima parte della preghiera, che inizia con le parole ‘Stabat Mater dolorosa‘ (“La Madre addolorata stava“) è una meditazione sulle sofferenze di Maria, la madre di Gesù, durante la crocifissione e la Passione di Cristo. La seconda parte, che inizia con le parole ‘Eia, mater, fons amóris‘ (“Oh, Madre, fonte d’amore“) è una invocazione in cui l’orante chiede a Maria di farlo partecipe del dolore provato da Maria stessa e da Gesù durante la crocifissione e la Passione.
Stabat Mater _ Traetta
Diversi i compositori che hanno cercato ispirazione in questa invocazione, dal tardo Medioevo-Rinascimento (XVI secolo) fino al XXI secolo, contando compositori di spicco: oltre a Pergolesi si trovano Giovanni Pierluigi da Palestrina; i contemporanei Scarlatti, Tommaso Traetta, Antonio Vivaldi e Pasquale Cafaro; J. Haydn, Antonio Salieri e G. Paisiello; Gioachino Rossini, F. Schubert e F. Liszt; Marco Frisina .
Stabat Mater – Pergolesi
In particolare, l’esecuzione di Pergolesi (XVII-prima metà XVIII secolo) si contrappone a quella precedente di Scarlatti pur rimanendo fedele sostanzialmente nell’impalcatura strumentale e lasciando inalterata la presenza nelle parti soliste delle due sole voci di soprano e contralto. Entrambi i compositori suddividono la sequenza in una serie di duetti ed arie solistiche (consuetudine nel XVIII secolo: le stanze (‘sezioni’) musicali infatti sono 12 per Pergolesi e ben 18 per Scarlatti; ciò indica quanto la versione di Pergolesi sia più breve e coincisa rispetto alla precedente tanto da risultare più compatta, pur non rinunciando alla struttura tradizionale, accentuata nella versione scarlattiana. E’ forse proprio per questo taglio più snello che verrà preferita alla versione di Scarlatti.
Nello Stabat Mater di Pergolesi inoltre viene data una maggiore accezione al tema sentimentale, incentrato sul pathos del testo sacro e grazie all’alleggerimento degli austeri toni utilizzati nell’arrangiamento scarlattiano. Tali caratteristiche, fanno di questo lavoro uno dei più importanti esempi della musica italiana del ‘700. Lo Stabat Mater può considerarsi una importante pagine del panorama della musica classica; ha sempre goduto di una certa notorietà, prestandosi a ispirazione anche per altre composizioni.
All’ascolto, l’interpretazione delle voci soliste si adatta perfettamente a quello che è l’incipit della ‘Ripartenza’, idealizzando il rincorrersi di sentimenti contrastanti e il passaggio da momenti di smarrimento e desolazione a una crescente (e mai doma) rinascita, proponendo un inizio dolce ma sinuoso, non lineare che lentamente e non senza esitazioni lascia spazio a una maggiore serenità intima: due voci che si rincorrono per dare maggior estensione all’angoscia dominante ma che giungono puntuali nell’esortazione finale della preghiera. Degli stessi colori, dal torpore che pian piano lascia spazio a colori più vivaci simbolo di Vita, e dello stesso tono accompagnatorio le sonate eseguite dal Mo Marco Cadario al cembalo che fanno riflettere ora sullo stato di “fermo” imposto nei mesi passati ora sull’animosità e la voglia di ripartenza che freme dappertutto.
Nuovo appuntamento stasera in streaming dal Teatro Comunale di Cuvio, il quarto della stagione, stagione seppur “corta” voluta da Proloco di Cuvio e associazione ‘Momenti Musicali’ di Cuveglio. “La musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori” (J. S. Bach). “La musica è una fortuna ed è la nostra vera terapia!” (Ezio Bosso). “C’è musica in tutto, se sai come trovarla!” (T. Pratchett). ‘La Musica muove e fa muovere, viaggia con le persone travalicando i confini territoriali e del tempo. Ci fa viaggiare con la mente in luoghi veri o immaginari e poi ci accompagna in peregrinazioni interiori, un viaggio nella nostra essenza dove i confini sono più oscuri e intricati‘. Questo è il prologo al programma odierno; parole non buttate a caso ma che ne sottolineano, a fronte di quanto verrà ascoltato, una volta di più la valenza e la veridicità. “Portare fuori gli strumenti dai loro confini”. Appuntamento inedito questa sera (sabato 24,ndr) quanto a genere musicale proposto: e ne sono i protagonisti stessi a farsene portavoce, “uno strano ensemble che non è facile trovare”, ma che da subito ha entusiasmato gli autori stessi. Ad esibirsi è il Trio Calicantus dell’amico e M° Gianluca Fortino, protagonista di diversi ensemble musicali e di differenti esperienze musicali spingendosi – come stasera – in veri e propri “esperimenti” musicali.
Il ‘Trio Calicantus‘ è una formazione relativamente giovane (2013) nata da un progetto avviato con due amiche, Marleen Bergè al violoncello e Eleonora Rapone all’organetto. Tre amici, eccelsi interpreti di tre strumenti diversi provenienti da modi di creare e fare musica diversi … E la magia di un suono nuovo affascinante e ricco di colori ed effetti. L’insolita unione (musicalmente parlando) nasce per caso a seguito dell’esibizione in un concerto di Natale: fu il particolare impasto timbrico e sonoro di questi strumenti che convinse i tre a creare un repertorio ‘dedicato’ che rielaborasse musiche tratte da ambiti musicali diversi (classico, contemporaneo e tradizionale) riadattandole alla formazione attraverso uno scrupoloso lavoro di ascolto e arrangiamento.
Un lavoro paziente di trascrizione e arrangiamento porta alla rielaborazione di musiche tratte da vari repertori dove in ogni singola esecuzione ogni strumento trova il suo spazio “di spicco” per poi riaccordarsi quasi all’unisono con gli altri pur mantenendo – si faccia attenzione – la propria individualità la sua spiccata timbrica … Se risulta efficace nell’esaltare le musiche della tradizione popolare, non da meno si apprezza un amalgama timbrico in grado di creare anche passaggi musicali vivaci e giocosi …. Si può così cogliere il dinamismo l’effetto vibrato la sospensione e la cadenza di chitarra/mandolino; la vibrazione e la profondità timbrica del violoncello; la fluidità e il “trait d’union” (“effetto elastico”, ndr) dell’organetto. Si crea in questo modo un mix tra musica popolare e colta, alla riscoperta delle origini delle tradizioni musicali proposte da talenti del territorio: spazio dunque a musiche squisitamente popolari ad ‘amarcord’, polke, al genere jazz … e non solo arrangiamenti.
Il ‘Trio’ così formato ben si presta- e il repertorio che segue ne è la prova – ad attingere ed esaltare il filone legato alla tradizione popolare.
Già nel luglio scorso avevamo avuto modo – dal vivo – di assaporare il melodico e armonioso suono dell’arpa e le doti del M° Elena Guarneri.
Ripreso con il mese di gennaio – seppur con modalità diverse – il programma sospeso del ‘Luglio Culturale‘, questa sera il cartellone della ‘side 2’ al teatro comunale di Cuvio ci offre una rivisitazione di questo “celestiale” strumento sempre con l’interpretazione della bravissima Elena Guarneri.
‘Danze e canti nei secoli‘ è infatti il titolo del concerto in streaming proposto. Premessa della serata è che l’arpa non va relegata solo all’ambito della musica classica, ma si presta pure ad un accompagnamento ‘mondano’ come possono essere il canto o la danza.
Già dalle prime esecuzioni si denota il valore armonioso dello strumento che ben si presta ad un utilizzo … trasversale. In particolare, si denota – è poi la stessa Elena a spiegare – come lo strumento in tutta la sua estensione di corde possa essere utilizzato al fine di riprodurre i suoni più ricercati tipici di strumenti qui ‘più di casa’ (ne è un emblematico esempio quando l’arpa sposa il blues – come si vedrà ad ascoltare).
Come dimostrato un mese fa dal M° Adalberto Riva con il pianoforte, Elena Guarneri si fa interprete di come anche con l’arpa si possa spaziare nei generi.
Nel susseguirsi delle esecuzioni, Elena sconfina tra l’altro pure nella ‘Improvvisazione‘, particolare genere musicale in cui l’artista non è vincolato da uno spartito da seguire.
La serata si conclude con il brano ‘Amazing Grace‘ (Ringraziamento a Dio) nel riadattamento di Chris Tomlin, una versione per arpa e voce.
In occasione dei festeggiamenti per la festa patronale di San Michele della parrocchia di Voltorre di Gavirate stasera si è esibita nella chiesa adiacente al Chiostro di Voltorre12 la PFCC (Piccola Formazione Con Contrabbasso), un inedito ensemble di sei giovani talentuosi elementi, una fusione di esperienze e studi musicali diversi riuniti per offrire un’esperienza musicale inedita sostenuta dal suono vibrante del contrabbasso: Clarissa Guarneri (flauto e voce), Elena Guarneri (arpa e voce), Gaia Leoni (viola e voce), Matteo Pallavera (contrabbasso), Alessandro Natto (pianoforte), Giuseppe Amoruso (sax, flauto e voce), al loro primo concerto ufficiale. Il sestetto PFCC nasce infatti solamente nel 2019 come proseguimento ed evoluzione del Quintetto Galec .
Palco pronto per l’ensemble PFCC
Accompagnati dalla voce narrante della poetessa Aleksandra Damnjanovic D’Agostino, in tutti i brani eseguiti durante la serata stupisce il suono preciso e puntuale di ognuno degli strumenti che espone la parte tematica così come la puntualità delle parti vocali che richiama all’attenzione gli astanti.
L’amalgama del suono che si sprigiona dagli strumenti poi crea un’atmosfera di armonia e meditazione che trasporta e accompagna il pubblico in un viaggio fatto di autentiche emozioni, passando da componimenti struggenti ed emozionanti (come dimostra l’iniziale ‘Who wants to live forever‘, o il finale ‘Gabriel’s Oboe‘ tratto da ‘Mission’ del maestro Ennio Morricone) che si alternano ad altri in una perfetta sequenza melodica caleidoscopica, un gioco cromatico per intensità sia per chi suona sia per chi ascolta. Il programma inizia con la toccante ed intensa ‘Who wants to live forever‘ per poi alternare brani, talora sapientemente arrangiati, del patrimonio musicale classico ad altri divenuti dei pezzi celebri perché ripresi come emblematiche colonne sonore di film. Nelle loro interpretazioni sia strumentali sia vocali i musicisti sfoggiano brani tratti dal repertorio classico e contemporaneo toccando anche alcune celebri composizioni famose scientemente scelte.
Che dire ? Nonostante si sia in un periodo un pò particolare che nello specifico limitano non poco le esibizioni, seppur alla prima uscita l’ensemble PFCC non ha tradito le aspettative di quanti già li seguivano, ed hanno offerto senz’altro una piacevole serata d’ascolto per i partecipanti.