Eccomi oggi al Pala Gemonio per tenere a battezzo la nuova formazione di under 14 di federazione impegnata contro il sodalizio di Ternate nel primo impegno casalingo del torneo 2018/19.
Gara sostanzialmente abbordabile questa, vista la differenza d’età fra le due squadre, per le ragazze guidate dal giovane Vera in panchina. Ciò non sminuisce comunque la sagacia e l’impegno di tutte.
Vii Blu Volley si presenta con un buon gioco a tutto campo, a testimoniare il buon lavoro svolto in fase di preparazione della stagione, in particolare cercando di capitalizzare molto sulle palle lunghe (e infatti le locali si apprezzano molto al servizio, facendone un punto di forza a vederle !!)
… trovando in ‘giornata di grazia’ la numero 31 e la 77 con cui realizza dei preziosi break (nel quarto set Con Vivi Blu Volley che scende sul tartan con la chiara intenzione di chiudere, Busa realizza un fatidico ‘cappotto’ !!).
La partita parla di due formazioni che, nonostante la giovane età delle avversarie, procedono a braccetto per buona parte di parziali, con le ospiti ad inseguire sempre la squadra di casa, riagguantata ogniqualvolta accenna di allungare.
Il terzo set appare come il parziale più impegnativo quanto a idee con le ospiti rientrare in partita mentre le ragazze di Vera disputano un set verosimilmente sottotono; Metalvar dunque rientra in partita complice un gioco piuttosto confusionario e poco convincete delle nostre.
Le ragazze di casa si accorgono di aver ‘abbassato la testa’, non giocando come sanno: è questo che lascia trapelare Vera nell’intervallo tra il terzo e quarto set. Il resto lo dice il campo con le giocatrici che interpretano alla perfezione il “messaggio” e le avversarie ora completamente in balia del loro gioco (25-18; 25-14; 20-25; 25-10).
Sostanzialmente, l’indicizzazione di un sito web o blog si fonda sulla rilevanza che esso ha nel World Wide Web (quanto cioè importante è a livello di contenuti per l’argomento trattato), vale a dire quanto è “reso forte” (in ottica link building) da altri documenti, pertanto dalla sua bontà.
Il PageRank, brevetto di proprietà Google, fino a una manciata d’anni fa di efficacia indiscutibile in termini SEO, è definito da un algoritmo mediante cui viene assegnato un valore numerico ad ogni collegamento (hyperlink) presente nel documento stesso, con il fine di misurarne l’importanza. È un valore che può variare da 0 a 10 che Google assegna ad ogni pagina Web per valutarne il livello di popolarità.
L’algoritmo calcola la probabilità che quella pagina venga visitata, che cioè una persona clicchi su un link che faccia atterrare su di essa.
Introdotto da Larry Page e Sergey Brin, fondatori di Google, da cui ereditò il nome di PageRank, il primo passo fu la definizione di un algoritmo di analisi che assegnasse un valore numerico ad ognuna delle pagine web di un sito con l’obiettivo finale di qualificarne l’importanza e il valore dello stesso.
Un pò di storia del PageRank
Larry Page e Sergey Brin nel 1998
Nell’epoca in cui i due si incontrarono, la maggior parte dei motori di ricerca esistenti basavano i loro risultati sulla Keyword Density, ovvero quante volte una determinata parola chiave o frase veniva ripetuta all’interno di un contenuto.
Il valore di PageRank risulta da un algoritmo matematico basato sul grafo dei collegamenti del Web, formato da tutte le pagine (nodi) e collegamenti (archi) che formano il web.
Interessante la definizione ‘Il valore di PageRank risulta da un algoritmo matematico basato sul grafo dei collegamenti del Web, formato da tutte le pagine (nodi) e collegamenti (archi) che formano il web. Misura l’importanza di una particolare pagina. Un link verso una pagina conta come un voto di supporto. Il PageRank di una pagina dipende a sua volta dal valore PR delle pagine che linkano ad essa. Una pagina linkata da altre pagine ad alto PageRank riceverà a sua volta un alto PageRank.‘ (rif.: www.evemilano.com)
Col passare del tempo- e il succedersi di modelli sempre più sofisticati si è cercato di evolvere verso algoritmi sempre più precisi, con il fine di ignorare link artificiosi, non naturali e creati con l’unico scopo di alterare il PageRank.
Con questa metrica Google si è distinto ‘organicamente’ dagli altri motori di ricerca.
Negli ultimi 10 anni, però, il succedersi di modifiche sempre più frequenti ha fatto sì che il PageRank non avesse più un ruolo di predominanza verso altri algoritmi di ranking.
In effetti, il PageRank rappresenta solo quello che interessa davvero a un imprenditore deciso a mettersi sul web: fare più soldi, attirare più lettori, generare più contatti, eccetera. Il PR viene oltretutto aggiornato poche volte l’anno. L’essere ‘sorpassato’ non vuol dire però che viene accantonato totalmente: appare come una metrica di successo solo nel momento in cui è alto, sinonimo di un sito posizionato: maggior traffico in ingresso vuol dire che più persone fanno quello che si vuole attraverso le mie pagine. Ha un significato fine a se stesso.
Si può dire che l’evoluzione del PageRank è andata di pari passo con l’evolversi del motore di ricerca di Google: vale a dire, mentre si assisteva a una progressiva diversificazione delle SERP, in ragione del succedersi delle logiche che stanno a monte, e dello ‘stravolgimento’ dei piazzamenti, l’indicizzazione non poteva più essere imputabile, riferita ad un unico parametro; si aggiunga che per confrontare fra di loro i diversi siti inoltre ogni query esigeva risposte viavia più complesse.
Ecco che con il passare degli anni, per allinearsi alle mutevoli esigenze anche Google iniziò ad evolvere i propri algoritmi sulla base di esigenze sempre più definite e specifiche.
Addirittura, “Sfuggire il PageRank” divenne necessità primaria per un motore di ricerca che volesse emergere sugli altri.
Google ha sempre indicato la rilevanza come uno degli ingredienti principali per posizionarsi nelle SERP. Ma solo perché è qualcosa di facile da tracciare non significa che rappresenta esattamente quello che succede al tuo sito web: guardare al PageRank come ad una metrica di successo ha senso solo nel momento in cui più è alto e meglio il mio sito è posizionato, più traffico riceve, e più persone fanno quello che voglio che facciano sulle mie pagine.
L’orientamento è ora quello di prendere in considerazione metriche legate ai guadagni del proprio sito o del business, piuttosto che focalizzarsi su quelle legate al ranking. Considera metriche che si aggiornano quotidianamente o settimanalmente, piuttosto che numeri (tasso di conversione, frequenza di rimbalzo, percentuale di click), tendendo cioè a metriche più legate alle performance e al ritorno economico (rif: blog.tagliaerbe.com).
Nella primavera del 2016 Google ha decretato la fine del Pagerank, ‘coefficiente’ fino ad allora utilizzato dal motore di ricerca di Google per determinare l’indicizzazione. (rif.: www.atopway.it).
‘il rilievo che ogni pagina web assume all’interno di una rete ipertestuale, determinava la sua reputazione’.
Da PageRank a Domain Authority
Domain Authority (“DA”) è ad oggi un parametro fra i più ricorrenti per valutare affidabilità e autorevolezza di un sito web. E’ un punteggio di ranking dei motori di ricerca sviluppato da Moz che prevede quanto un sito si classificherà nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca (SERP).
L’Autorità di dominio viene calcolata valutando più fattori, incluso il collegamento dei domini radice e il numero di collegamenti totali, in un singolo punteggio DA. Questo punteggio può quindi essere utilizzato quando si confrontano siti Web o si monitora la “forza di ranking” di un sito web nel tempo.
Sviluppata da Moz, è una metrica utilizzata per valutare l’importanza di un dominio.
Si basa su una scala di valori da 0 a 100 , dove un valore più alto sta ad indicare che il sito è importante, con buona autorevolezza e con una buona reputazione di link building; viceversa, per valori bassi. Fisiologicamente, è attendibile posizionarsi ovvero oscillare su numeri bassi mentre più difficile è “spingere” a valori più elevati.
Senza scendere nei dettagli, viene calcolata sulla base di tre fattori: dimensione (numero di articoli/contenuti pubblicati: più è alto il numero maggiore è la dimensione), popolarità (frequenza dei link di qualità – tali sono se provenienti da siti ben posizionati dunque già con un DA alto) ed età (da quanti anni è on line: più è vecchio più è affidabile) del sito/blog.
E’ possibile visualizzare il DA di un sito web usando MozBar (un’estensione di Chrome gratuita), Link Explorer (uno strumento di analisi di backlink), la sezione Analisi SERP di Keyword Explorer e decine di altri strumenti SEO in tutto il web. Per valutare questa metrica si può ricorrere a strumenti SEO a pagamento, ma esistono anche soluzioni free messe a disposizione da Moz.
Il suo valore aumenta migliorando la SEO sul sito, on-site come pure off-site.
L’approccio con il mondo della SEO implica spesso, soprattutto per i neofiti, un utilizzo errato di terminologie; fra queste, penso sia diffusa la confusione che si viene a creare parlando di ‘indicizzazione’ e ‘ottimizzazione’.
Con il termine “indicizzazione” si intende semplicemente l’inserimento di un sito o un blog in un motore di ricerca. In ciò differisce dal ricorrente e più “sulla bocca” processo di ottimizzazione, il quale riguarda l’insieme delle attività finalizzate a migliorare la visibilità del sito/blog sui motori di ricerca.
Processo che si realizza attraverso tre step:
-segnalazione sito al motore di ricerca;
-creazione e inserimento del file sitemap.xml
– essere citati da altre fonti (essere citati o meglio linkati da altri siti web è spesso considerato come sinonimo di qualità e/o interesse)
Se un sito non viene indicizzato, non può comparire nei risultati di ricerca. L’indicizzazione di siti internet viene effettuata in maniera automatica dal motore stesso, tramite particolari programmi chiamati spider (“ragni”), che entrano in un sito e ne leggono il codice sorgente.[/caption]
L’indicizzazione SEO è un processo, quindi un insieme di azioni, che ha come unico obiettivo quello di raccogliere le informazioni relative ad una certa pagina web e renderle disponibili nel database del motore di ricerca.
Interessante notare che quando un utente effettua una ricerca su Google, quest’ultimo deve interpretare il suo bisogno intrinseco nella ricerca, capire quale tra i tanti siti internet che compongono la rete risponda meglio al suo bisogno e restituire una lista di siti che soddisfino al meglio la richiesta dell’utente “intento di ricerca” (questa operazione deve avvenire in pochi istanti: è per questo che il motore deve avere già memorizzate al proprio interno il maggior numero possibile di info sulle pagine, pena l’esclusione della stessa/e dall’attività di ricerca).
Terminata l’attività di registrazione del sito, i motori di ricerca scansionano periodicamente i siti presenti nel proprio db per verificare eventuali aggiornamenti ricorrendo al servizio add-url (segnala un sito al motore di ricerca): tramite particolari programmi chiamati spider (letteralmente “ragni”, nel senso che essi attraversano la “ragnatela” di collegamenti eletto stereotipo con cui si raffigura simbolicamente il web), entrano in un sito e ne incominciano a leggere il markup HTML, alla ricerca di eventuali modifiche del contenuto o della struttura; procedendo in cascata, se trova un link a un’altra pagina del sito o ad un altro sito, analizza anche quest’ultimo di conseguenza.
Dopo aver scansionato la rete e quindi indicizzato (nel senso di raggruppato) una grandissima mole di pagine web, il motore di ricerca passa alla seconda fase: classificarle e posizionarle in base all’analisi delle parole chiave contenute. In questo modo i motori di ricerca, tramite gli algoritmi, assicurano ai loro utenti contenuti validi e aggiornati.
Quando il motore di ricerca termina di scansionare i siti già presenti in archivio passa a scansionare tutti i siti proposti nel motori di ricerca. Questo sistema è oramai obsoleto: è preferibile fare uso di strumenti più moderni per monitorare il proprio sito, come ad esempio la Search Console di Google.
Da notare che il sito non viene indicizzato se nel codice sorgente sono presenti determinate istruzioni (ad esempio come <meta name=”robots” content=”noindex”> oppure <meta name=”robots” content=”noimageindex”>); se invece non è specificato nulla a riguardo, viene indicizzato l’intero contenuto della pagina Web.
A questo punto, scansionata la rete e indicizzata (cioè raggruppata) una grandissima mole di pagine web, il motore di ricerca passa alla seconda fase: classificarle e posizionarle in base all’apprezzamento delle parole chiave trovate al suo interno e alla “fedeltà” e attendibilità dei contenuti (ciò avviene in base alla logica dell’algoritmo utilizzato dal motore di ricerca).
Avere un sito indicizzato su Google piuttosto che Bing o Flickr significa che le URL che lo compongono sono state inserite nella banca dati del motore di ricerca, e conseguentemente quando l’utente eseguirà una ricerca lo stesso comparirà nella SERP (lista dei risultati che vengono trovati). Quando si parla di indicizzazione è sempre meglio parlare in termini di singoli url e non del sito nella sua integrità: non è infatti detto le sue pagine (che possono essere anche svariate, ognuna delle quali contraddistinta da un preciso “url”) siano presenti nell’indice del motore di ricerca: alcune possono essere duplicate, altre possono finire nell’indice secondario di Google, altre possono risultare ignare perchè non essere ancora scansionate dallo spider.
Se le attività che riguardano l’indicizzazione sono eseguite automaticamente dal motore di ricerca, quelle di ottimizzazione (attività di SEO – Search Engine Optimization) vengono svolte dalle persone, con la finalità di incrementare il posizionamento organico (cioè non a pagamento) di un sito nei risultati dei motori di ricerca, con l’obiettivo di far apparire il proprio sito in cima alle liste di risultati.
Quindi indicizzazione e posizionamento sono due processi molto differenti tra loro. Il primo ha come unica finalità quella di inserire un sito o una pagina web nel database del motore di ricerca; il secondo invece, mediante opportune strategie web e di Inbound Marketing* mira a portare un determinato sito nelle primissime posizioni dei risultati organici di Google.
Aria di “derby in paradiso” stasera al Centro Giovanile San Carlo: di fronte, in una sfida che sa molto di ‘mistico’, la locale u13 sfida le coetanee di’San Pietro’ di Cassano Magnago.
In questo campionato invernale la squadra varesina presenta due formazioni ‘under 13’: conosciuta settimana scorsa la ‘B’ oggi è la volta di “testare” la compagine ‘A’: due sodalizi abbastanza simili quanto ad ‘annate’ con alcune pedine impiegate in ambedue.
Il campo parla di una gara molto accorata e vissuta da ambo le parti : non sono mancate giocate “degne” entusiasmando panchine e pubblico presente.
Se il risultato finale appannaggio della squadra di casa è “tondo” (17-11, 17-9, 17-15, 17-6, 17-1o) le giovanissime ospiti di sicuro non hanno demeritato affatto restando aggrappate a San Carlo per buoni tratti della partita, sfiorando il “colpaccio” e dando sensazione di smarrirsi solo nel quarto.
Così le “pulci” hanno dimostrato una buona maturità (promettendo di far bene direi), spaziando e coprendo a tutto campo e non rinunciando a giocare o meglio gestire palle alte (e a questa età non è poi tanto facile seguirle e gestirle in ricezione) e addirittura le locali sciorinando degli attacchi non indifferenti.
… Riuscendo ad impostare il gioco dimostrandosi poco fallose compatibilmente con il livello ‘under’, di fronte a questo ‘spettacolo’ l’arbitro ha avuto ben poco da dire !
tanto che alla fine – frase emblematica condivisa con il collega Gianluca qualche ora prima ma che racchiude l’essenza della pallavolo e meglio ancora della pallavolo giovanile – ‘anche l’arbitro era soddisfatto, contento della partita condotta’.
Se, dati Auditel alla mano, il presagio era già nell’aria almeno sette anni fa con la “rivoluzione” del Responsive Web Design, nel 2015 Google ha reso noto che, per la prima volta, il numero di ricerche effettuate da dispositivi mobili risultava maggiore di quelle da computer fissi.
Dal 2017 Google ha avviato l’indicizzazione Mobile-First per i risultati di ricerca.
Finora i sistemi di scansione, indicizzazione e classificazione dei siti da parte di Google erano pensati per la versione desktop del contenuto di una pagina, non considerando così le tendenze attualizzate.
Da circa due anni il traffico internet globale mobile ha superato decisamente quello desktop: moltissimi siti, soprattutto quelli che forniscono notizie/dati in tempo reale, registrano sempre più accessi da mobile, soddisfacendo in questo modo l’utente in mobilità e, in misura sempre decrescente, da desktop.
Si è assistito in una decade al rapido passaggio attraverso due tecniche “antitetiche”: da ‘Responsive Web Design’ a ‘Mobile First Web Design’. Essere mobile first significa progettare e ottimizzare il percorso dell’utente da smartphone, prima che da desktop.
Il mercato online risponde a questa tendenza e prende in considerazione la realizzazione di siti web orientati ai dispositivi mobili. La tendenza ora è quella del Mobile First, cioè partire dalla progettazione su mobile per poi pensare alle risoluzioni più alte, quindi attuare un Responsive Design al contrario.
Se la primaria preoccupazione perciò era di progettare siti che fossero mobile friendly curandone il design e la User experience, ciò ha posto questioni anche per chi si occupa di digital marketing, portando in questo modo a pianificare una customer journey invertendo così il polo di partenza (ora unità mobile e non più desktop), partendo dal presupposto che la fetta più grossa dei visitatori del sito/blog/landing page arriverà da un dispositivo mobile.
Se l’imperativo rimane quello del ‘mobile friendly’ (cioè progettare e ottimizzare il percorso dell’utente da smartphone, prima che da desktop, tramite un design responsive in grado di adattarsi alla visualizzazione su dispositivi con schermi ridotti) in alcuni settori lo status quo è viceversa rimasto invariato: la misura più efficace per muoversi in questo senso è di analizzare la situazione che si sta osservando e conseguentemente adottare strategie basate sulle analisi oggettive.
Se l’approccio Mobile First si configura come una scelta strategica specifica, anche i principi cardine nel campo del web design di conseguenza subiscono dei cambiamenti: il dispositivo mobile viene prima di tutto sia per quanto riguarda la configurazione, sia per quanto riguarda l’usabilità e la performance.
Il Mobile First al posto del Desktop First dunque. Vengono prima create pagine ottimizzate per i dispositivi mobili, poi seguono successive estensioni dei siti per desktop.
Fino ad ora, web designer e programmatori si sono occupati per prima cosa della realizzazione di un sito web per il desktop, immaginando una varietà di funzioni, grafici e possibilità creative, pensate per un monitor grande e per una connessione dati veloce; soltanto in una seconda fase seguiva la pianificazione del sito web per i dispositivi mobili, considerati di conseguenza solo come un’appendice al sito principale.
L’approccio Mobile First ribalta questa visione del lavoro e stabilisce altre priorità. Nella progettazione di una strategia vengono definiti innanzitutto quelli che sono gli aspetti centrali della pagina. Ciò vale non solo per contenuti e foto, ma anche per tutte le funzioni importanti e i moduli. In questa fase della progettazione, il pensiero alla base consiste nel concentrarsi sull’essenziale.
approcciare il mobile first
L’approccio Mobile First in sintesi:
Limitato all’essenziale
La programmazione non richiede troppi sforzi
Performance massime su tutti i dispositivi mobili
Accesso veloce alle informazioni
Design adatto allo schermo dello smartphone
Non più immagini grandi e funzioni inutili
Riduzioni del codice sorgente
Pagine programmate direttamente in HTML (JavaScript non viene usato)
Fondamentale è pianificare una soluzione ottimale per questi dispositivi; solo successivamente verranno ottimizzate versioni per desktop e laptop secondo il principio del Progressive Enhancement. Spesso nella realizzazione della strategia ci si avvale delle cosiddette grid, cioè ad una riorganizzazione concettuale basata sulle griglie. Il passo successivo sarà quello della configurazione di una pagina graduabile a seconda delle dimensioni dello schermo, in modo da presentare i contenuti su tutti i dispositivi seguendo i principi del responsive web design (design responsivo).
Con l’approccio Mobile First chi progetta il sito e le sue funzionalità ha già da subito le idee chiare su quali saranno i contenuti primari e secondari del sito, quindi si adopererà per visualizzare gli elementi importanti nel migliore dei modi.
Sostanzialmente cambierà il modo in cui il più importante motore di ricerca, indicizza e attribuisce il ranking alle pagine del tuo sito. Finora la scoperta e l’ordinamento dei risultati di ricerca in serp avveniva sulla base dell’analisi delle pagine lato desktop, scansionate dal crawler di Google e anche l’attribuzione del ranking avveniva sulla base della versione desktop delle pagine del sito.
Ora invece, cambierà la scoperta e il posizionamento delle pagine, utilizzando la versione mobile delle stesse.
Questa tecnica di approccio si basa su tre parametri interdipendenti: design, contenuti e funnel di conversione che comporta la ottimizzazione di percorsi per chi è in mobilità.
Ora, per il design la progettazione del sito implica ora un’approccio mobile da adattare poi al desktop (contrariamente a prima), badando a non inficiare la velocità di caricamento del sito. Diversamente da una risoluzione desktop ricca di immagini e testi, per un sito ‘mobile first’ è necessario tener conto delle ridotte dimensioni dello schermo e conseguentemente un adattamento dei contenuti. Il funnel – “imbuto” – di conversione fa riferimento a una strategia di marketing per tracciare il percorso che porta l’utente da una leads alla generazione di una conversione.
Secondo questo approccio, non si parte, quindi, da un layout e funzionalità concepiti per il desktop per poi adattarli al mobile; al contrario, si parte ora dal contesto dei dispositivi mobili per concentrarsi al meglio sui contenuti essenziali.
COME PREPARARSI AL MOBILE-FIRST INDEXING
In un mondo in cui gli utenti navigano sempre più proprio tramite un telefono, introdurre ufficialmente il mobile-first index significa che Google utilizzerà la versione mobile della pagina come la principale su cui effettuare la scansione, l’indicizzazione e la classificazione del contenuto. L’obiettivo di tale cambiamento è quello di permettere agli “utenti mobile” di trovare la migliore opzione disponibile in base a ciò che stanno cercando. Google continuerà ad avere un solo indice, ma nella fase di scansione darà priorità principalmente su un’esperienza mobile.
Finora la scoperta e l’ordinamento dei risultati di ricerca in serp avveniva sulla base dell’analisi delle pagine lato desktop, crawlate per mezzo del bot desktop di Google e anche l’attribuzione del ranking avveniva sulla base della versione desktop delle pagine del sito.
Ora invece, cambierà la scoperta e il posizionamento delle pagine, utilizzando la versione mobile delle pagine.
Per tentare di ottenere buoni risultati in tal senso e fornire la migliore esperienza possibile a chi naviga sul web, webmaster e proprietari di siti web dovranno pertanto utilizzare le pagine ottimizzate per mobile, laddove presenti, come principale punto di riferimento per l’indicizzazione sul motore di ricerca. Ciò non vuol dire però che se un sito desktop è più rilevante per una determinata ricerca, lo si vedrà comunque classificato più in basso delle sue alternative mobili.
Fermo restando che oggi, quando si sviluppa il sito web, una landing page o un qualsiasi contenuto visuale, bisognerebbe tener sempre bene a mente il concetto di “mobile-first” , i siti che potrebbero maggiormente essere interessati da questa variazione nell’indexing sono quelli che utilizzano una versione separata per le loro versioni mobili. Parliamo dunque, degli “m-site” o mobile site con separate url.
Contro possibili allarmismi, vale la pena notare che Google non sta implementando due indici di ricerca separati per desktop e mobile (come si vociferava tempo fa), ma che sta semplicemente passando dall’indicizzazione delle versioni desktop dei contenuti alle versioni mobile. Il cambiamento al momento non influisce sul ranking: ciò che cambia è il modo in cui i contenuti vengono raccolti, non come viene classificato il contenuto. I siti che non dispongono di una versione mobile continueranno ad essere indicizzati in base a quella desktop.
Google presenterà per primi nei risultati di ricerca i contenuti del sito mobile. Se i crawler non troveranno una versione mobile, sarà inserita nella SERP la versione desktop del contenuto. “Se hai solo un sito desktop, continueremo ad indicizzare il tuo sito desktop, anche se stiamo utilizzando un user agent mobile per visualizzare il tuo sito” – si afferma dal blog di Google. In sostanza, se il sito è responsive non ci dovrebbero essere grandi modifiche da programmare. Certamente Google classificherà i contenuti sulla base dei segnali di ranking e della scansione dei siti effettuata da una visualizzazione mobile. Dunque saranno privilegiati in ogni caso contenuti mobile friendly, come avviene da almeno un anno, rispetto a siti desktop che rendono difficile, in termini di User Experience, la navigazione.
Il Mobile First Index avrà rilevanza sul posizionamento dei contenuti e su tanti aspetti del Web Design e della SEO.
Per ottimizzare un sito per il Mobile si hanno 3 opzioni:
responsive website (stesso codice, stesso url, set css che adatta il rendering della pagina alla risoluzione dello schermo);
dynamic serving (stesse url, più template html&css che si adattano alla richiesta del device). Questa potrebbe essere una soluzione ideale nello switch al mobile-first indexing in quanto comporta una riduzione del peso di css e script che lato mobile è inutile avere;
sito separato (url differenti, contenuti differenti, link esterni differenti).
Un sito responsive o che implementa il dynamic serving, non comporta particolari problemi.
Se invece il sito usa un m.site per presentare i contenuti, gli unici implementazione necessaria per far comprendere a Google che si tratta dello stesso sito (seppur tecnicamente sono due, facendo perciò pensare a due indici distinti), sono le annotazioni nel codice che devono permettere di segnalare nella pagina desktop la versione mobile, inserendo:
<link rel=”alternate” media=”only screen and (max-width: 640px)” href=”http://m.example.com/page-1″>
e, al tempo stesso, di segnalare, nella rispettiva pagina mobile, il legame con quella desktop, mediante il rel “canonical”.
Si torna oggi sul taraflex per la mia decima stagione ufficiale.
E quale palestra poteva essere il teatro di ciò ?? … No il PalaYama direi di no; neanche Assago; …; semplicemente il Centro Giovanile San Carlo eletto oramai a “seconda casa” in senso pallavolistico.
Nel primo pomeriggio raggiungo la palestra di Varese dove ritrovo l’amico Francesco con cui mi alterno nella direzione delle due partite in programma: under 13 e under 18.
Di fronte squadre di giovanissime in gran parte alla prima esperienza di categoria. Sulla panchina della squadra ospite ritrovo l’amica ed ex collega Paola Colombi.
Da entrambe le parti in campo si respira tanta voglia di giocar divertendosi, grinta e voglia di fare bene nei piccoli atleti e convincere i propri alleducatori delle loro attitudini.
Ospiti che riescono a portare a casa i primi due set abbastanza agevolmente (9-17 e 7-17), ma le locali non si perdono d’animo: “stringono i denti” e vincono 17-15 il terzo.
Di nuovo, Sa ti Apostoli sale in cattedra e si aggiudica gli ultimi due.
Più sostanziosa si presenta essere la seconda partita in programma: under 18, di fronte la squadra di casa che ospita Ost Dairago. Effettivamente, difficile decifrare eventuali debolezze da ambo le parti nel riscaldamento, per cui vado pensando con Francesco che ‘la vittoria la si strapperà unghie e denti … ehmm anima e cuore !!’.
Le ragazze della compagine di casa, con Gaggini in panchina a far gli onori di casa coadiuvato da Muselli, confermano un buon gioco e senso tattico – come dirà poi il campo -, potendo contare su di un buon potenziale nei diversi ruoli. Peraltro, lo stesso lo si può denotare anche nelle ragazze di Dairago che a tratti si troveranno a subire il pressing avversario.
In poco meno di due ore di gioco San Carlo riesce ad avere la meglio (25-18, 25-16, 19-25, 25-20).
Proprio quest’ultima gara mi porta a fare delle considerazioni o meglio “a rientrare” sui punti focali del gioco: fermo stante i ruoli (leggi 1°/2° arbitro), estrema attenzione su ciò che avviene nei pressi della rete con la prontezza a sanzionare situazioni fallose che non possono passare inosservate, per ora (ma è poi una consuetudine !!) con un pizzico di “senso di buon padre di famiglia”.
Esordio casalingo della formazione under16 di coach Magni al PalaBunker di Cuveglio.
Una “prima” di tutto rispetto contro la compagine ‘A’ Union Oratori di Castellanza, formazione già al secondo anno in categoria e dunque che può vantare una maggior esperienza e senso tattico nel gioco.
Squadra di casa che è chiamata a dar dimostrazione se non altro di una buona coesione di squadra e qualità di gioco; e difatti Vivi Blu Volley approccia bene alla gara, almeno nelle fasi iniziali, sotto lo sguardo attento della panchina.
Buona la partenza delle ragazze in campo le quali dimostrano (o almeno non manca lo spirito di iniziativa) di ‘poter rispondere’ alla nuova esperienza di categoria: eseguire i vari fondamentali correttamente e addirittura andare a muro in modo vincente.
Senonché appena le avversarie impongono il loro gioco non comunque asfissiante comunque (ma che lascia intravvedere delle buone costruzioni) il divario (leggi break) aumenta, capitalizzando anche buoni turni di battuta (dal numero 22 un filotto di 9 punti) …..
Ospiti che così non faticano a trovare il “bandolo della matassa” e, complici degli svarioni (e anche disattenzioni) che non possono passare inosservati nel sestetto di casa, che inducono giocoforza la squadra a demoralizzarsi e progressivamente a sfilacciarsi con una timida e poco incisiva ricezione, matano facilmente la squadra di casa.
Dopo gli appuntamenti di Cavona di questa estate e di Malgesso di domenica scorsa, nel pomeriggio di oggi va in scena a Cassano Valcuvia all’interno della ‘Festa dei popoli’ il terzo e ultimo appuntamento del ‘Trittico della Solidarietà‘, un mini circuito di gare locali scelte e organizzate dall’amico Vittorio Ciresa per fare del podismo locale uno strumento di sensibilizzazione a piccoli grandi gesti per il sociale.
Giunto alla seconda edizione, si tratta di un “ventaglio” di gare dei nostri territori attraverso cui si vuole enfatizzare (e allo stesso tempo trasmettere) proprio un valore squisitamente sociale, mettendo da parte qualsiasi risvolto agonistico, occasioni attraverso cui devolvere i fondi a specifiche mutue esigenze piuttosto che alla realizzazione di progetti ‘di più ampio respiro’.
Già da quando avevo adocchiato il volantino della gara odierna ‘mi era salito lo spauracchio’ dal possibile sviluppo altimetrico considerando la collocazione del paese di Cassano Valcuvia; e difatti devo dire le aspettative sono state ampiamente soddisfatte !! …
Con uno sviluppo di 6 chilometri e spicci la gara si è rivelata tutt’altro che .. soft: dopo essere (fortunatamente) ridiscesi al passo dal ripido pendio della località San Francesco sede del ritrovo, partenza dal viale antistante il municipio. Ma appena superato l’edificio, subito la strada prende la sua … piega (in salita) per raggiungere l’eremo dei frati carmelitani, non concedendo letteralmente un metro per rifiatare e così mettere alla prova la resistenza “e l’audacia”dei partecipanti, un’ottantina fra i due percorsi di 3 e 6 chilometri.
Dopo un km circa su asfalto, si imbocca per i boschi; camminamenti fra la vegetazione non sempre agevoli quanto a fondo caratterizzati in più passaggi da tratti sassosi e qua e là da cambiamenti di direzione, fattibili ma che consigliano un’andatura cauta onde evitare incidenti di percorso.
Saluto il Vittorio e messa alle spalle la parte boschiva più aspra (“TO BE CONTINUED..”), segue una lunga dolce ridiscesa che ci accompagna nelle “recondite” campagne locali e un successivo saliscendi che riporta verso l’abitato.
Quindi una risalita piuttosto impegnativa e a seguire deviazione ingannevole sulla sinistra che scende verso il centro del borgo e la zona di partenza. Attraversamento del parco giochi e qui, forse per distrazione, devo bruscamente prendere a destra, in direzione del Centro Documentale ‘Frontiera Nord Linea Cadorna’, attraversando le strette viuzze e guadagnare infine la via principale, passare sotto l’arco che funge da ingresso al paese e risalire poi il versante sinistro. Riguadagnato a questo punto lo sterrato e bosco eccoci affrontare una suggestiva quanto impegnativa scalinata ricavata sul costone retrostante la chiesetta che domina il promontorio, impossibile da correre anche per i più audaci forse (quasi 300 metri di dislivello) !
Raggiunta la sommità, in corrispondenza dell’inizio della Via Santa del paese, ci buttiamo per i duecento metri finali di questa impegnativa ma avvincente e meritevole gara per arrivare al traguardo posto davanti la locanda ‘Crotto del Sorriso’ !
Il post gara è poi allietato da un breve monologo realizzato dalla compagnia del Teatro Periferico di Cassano Valcuvia che festeggia il suo 10° compleanno, abbracciando con ciò l’apertura multietnica che vuole essere al centro dell’attenzione come momento aggregativo della nostra società.
Infine, complimenti a Vittorio Ciresa per la sua perspicacia nel ricercare percorsi e angoli comunque affascinanti nelle nostre valli e paesi da riproporre in veste sportiva.
Ecco così può suonare il dover ritornare a lavorare su strutture apparentemente sorpassate per l’evolversi della tecnologia applicata, e l’ambito del web e dello sviluppo di siti è un esempio lampante.
Così si può trovare un senso di imbarazzo quando un cliente titolare di un sito web ci chiede di ottimizzare lato SEO un progetto in HTML, che cioè non poggia su una struttura CMS che sia WordPress, Joomla, Prestashop, Magento o altri ! …
Di fronte a questa richiesta il SEO più “vocato” potrebbe avere un momento di “fremito”, di smarrimento, un ‘… mmaaa …’, abituato o per meglio dire oramai orientato a fare una attività basata sui CMS (e i suoi strumenti): la richiesta potrebbe far … storcere un po’ il naso ….
All’occorrenza è bene sedersi, tirare un respiro … Orbene, anche il sito descritto con un CMS poggia sul codice HTML per cui no problem ! Per quanto ben strutturato, utilizzare caratteri vistosi o effetti grafici ‘pomposi’ accattivanti alla base di un sito web ci sta sempre il codice sorgente HTML: Google e gli altri motori di ricerca “leggono” questo codice per determinare dove devono apparire le pagine web per determinate query di ricerca.
Aperta la pagina del codice sorgente della pagina web, è possibile evidenziare alcune parti (“tag”) che, se ben curate, in ambito seo possono fare la differenza anche in questa modalità di approccio allo sviluppo.
Per una corretta analisi di un qualsiasi listato di codice, possiamo anzitutto individuare i due segmenti principali che lo costituiscono: la sezione <head> … </head>, dove includere alcune informazioni sul codice stesso, la definizione di formattazioni o effetti particolari, e la sezione <body> …. </body>, dove si ritrova il codice ‘nudo e crudo’.
Quando analizziamo e ‘confezioniamo’ debitamente gli elementi di una pagina web ci occupiamo di ‘SEO on-Page’.
Elementi importanti:
Tag <title>: il tag title assume una importanza basilare in una attività/analisi SEO (precisamente “SEO o-page). Si tratta della porzione di codice che, definita all’interno di un listato HTML, permette alla pagina web di poter essere presa in considerazione da un motore di ricerca e quindi posizionarsi in SERP.
Alcune cose importanti da ricordare per quello che riguarda il tuo tag title:
Assicurarsi di avere un solo tag title per ogni pagina web.
Assicurarsi che ogni pagina web sul sito abbia un tag title.
Assicurarsi che ogni tag title sul tuo sito web sia unico. Non cioé tag title duplicati.
Meta description: Appena al disotto del tag <title> trova posto un altro elemento i quale contiene una breve descrizione di quello che l’utente troverà all’interno e se troverà riposta al suo ‘intento di ricerca’. Quindi, è buona norma controllare e assicurarsi che sia su tutte le pagine web. Più importante, assicurarsi che non sia uguale su più pagine. La duplicazione di un meta tag description non è di per sé un errore grave (Google infatti non utilizza questo tag a scopo di ranking), ma è un grosso errore di marketing.
Evitare di sorvolare sulla meta description è consigliabile, poiché viene letta dagli utenti dei motori di ricerca: una buona frase può contribuire ad attirare più visitatori e aumentare la click-through rate
Intestazioni <H1>,<H2>, …, <H6>: Utilizzato per identificare il ‘titolo’ dell’articolo o di sue porzioni, questo marcatore H<n> risulta importante in chiave seo, dove ‘H1’ assume importanza strategica.
Non bisogna avere più di un tag H1 in ogni pagina web. Non si dovrebbe inoltre cercare di ottimizzare troppo le intestazioni H1, cioè non cercare di aumentare il SEO inserendo forzatamente la parola chiave nel titolo H1.
Tag di enfatizzazione: è sempre ‘strategico’ ricorrere all’utilizzo in modo parsimonioso di orpelli grafici (grassetto, corsivo, ecc.) per attirare l’attenzione dello spider: non eccedere nel loro utilizzo, sia perché ne ridurrebbe la rilevanza SEO, sia perché condizionerebbe la lettura dell’utente.
Alt text: Si tratta di un marcatore non scrupolosamente – e a torto – osservato: gli alt tag vuoti nelle immagini sono errori SEO. Il loro compito è proprio quello di indicare ai motori di ricerca cosa le immagini rappresentano ed è dunque buona norma non trascurare questo elemento perché “non importante”.
Rivestono una importanza qualora si abbia un sito e-commerce.
Anchor text: vale a dire il testo a corredo di u link inserito nel nostro codice e a cui Google dà importanza anzitutto per ‘riconoscere’ e comprendere la pagina di destinazione (possiamo anche inserire una keyword pertinente per “rafforzare”).
Google Analytics: Entrando più specificamente in un’ottica SEO, buona norma è incorporare nel nostro progetto un tool di analisi con Google Analytics, accertando che sia presente in ogni pagina web (in caso contrario, non si ha una effettiva analisi del traffico sul sito). Per Google Analytics, basta accertarsi della presenza di una riga di codice contrassegnata dal prefisso “UA” seguito da una stringa di 7 cifre.
L’avere la consapevolezza che questa linea sia presente su tutte le pagine del nostro sito non sempre è facile, soprattutto quando si gestiscono progetti di grosse dimensioni, con un certo numero di pagine. In questo caso può tornare utile avvalersi di un file sitemap (estensione .xml), un file di testo che contiene tutti gli indirizzi url del mio sito il quale può essere utile in particolare per tracciare quelli che potrebbero necessitare di maggiore attenzione
Un altro elemento che va assumendo importanza è la definizione dell’url della pagina web, strutturata in maniera tale che permetta di identificare il contenuto della pagina e preferibilmente composta da non più di 5 parole, raccogliendo nella parte più a sinistra eventuali parole chiave alleggerendo così il “cammino” del crawler.
Assume rilevanza anche l’ottimizzazione delle immagini che devono essere facilmente individuabili nel nome (vedi uso tag ‘alt’).
Altro fattore di miglioria in termini di ottimizzazione di una pagina, di qualunque ‘tipo’ essa sia, è data dalla velocità di caricamento della stessa, parte dell’ottimizzazione SEO di una pagina.
“Arte” di una pagina web è di saper ottenere dei backlink per cui assume importanza l’attività “lato seo” di link building cui è correlato il concetto di “link juice” ossia la capacità da parte del sito di ottenere un link da un altro sito web. Il legame che si viene a creare è visto dai motori di ricerca come un’approvazione, quindi un fattore preso in considerazione dai motori di ricerca. “Link Juice” è un termine per definire il potere che il link fornisce al tuo sito web o pagina web in questione.
“Nofollow” è un attributo che annulla questa proprietà di link juice per il sito web considerato. Anche se una persona può comunque cliccare sul link, il succo del collegamento non viene passato.
Dal momento che alcuni esperti SEO ritengono che Google in realtà consideri in qualche modo anche i link col nofollow, se si vuole essere certi del valore di un link, occorre accertarsi che non abbia questo attributo.
Dopo lo scossone di inizio agosto che aveva messo in subbuglio gli operatori di settore facendo pensare a dover riscrivere le procedure operative da adottare causato dall’uscita di un repentino aggiornamento algoritmico, circoscritto inizialmente a determinate categorie – i siti meno EAT -, ma che effettivamente ha sortito i suoi “effetti indesiderati” nella cerchia dei cosiddetti siti YMYL (Your Money Your Life) e gli e-commerce disattendendone dunque le prerogative, ecco con fine settembre Big-G sfornarne un altro mediante il quale cercare di porre rimedio a quanto venutosi a determinare con l’update precedente, operando una sorta di riequilibrio nelle SERP (da qui il nome di Medical Update) delle varie categorie: il 27 settembre ecco arrivare l’Image Google Update.
Scostandosi dalla considerevole media (attendibile, perché fornita da fonti ufficiali) di modifiche annue al suo algoritmo, con gli accadimenti di questi ultimi due mesi si è andati oltre il muro delle 2000 modifiche.
All’alba del ventesimo compleanno del motore di ricerca per autonomasia, Google sfodera un aggiornamento incentrato sulla ricerca delle immagini, al fine di affinarne la qualità. Fattori discriminanti per il nuovo algoritmo saranno il posizionamento dell’immagine sulla pagina, l’autorevolezza e l’attendibilità dei contenuti connessi. Il nuovo algoritmo sceglierà immagini di qualità dalle pagine maggiormente autorevoli. Se, a sentire le communities dedicate, la rilevanza di problemi è stata di portata inferiore rispetto al precedente, con Google Medic (alias Google Image), che va a colpire un numero ottimale di siti, gli effetti sono ora distribuiti più equamente fra i vari settori, proprio perché si va di fatto a colpire un elemento comune a qualsiasi progetto web.
Secondo Google, le immagini che si presentano all’inizio dell’articolo / pagina e quelle che si trovano nel mezzo riceveranno la priorità nel risultato della ricerca di immagini. Ad esempio, per un negozio online che vende scarpe, avere un’immagine all’inizio di una pagina di prodotto dedicata a un paio di scarpe ottiene più priorità delle immagini in una pagina di categoria che mostra una gamma di stili di scarpe.
Posto che nelle maglie di una qualsiasi ricerca che facciamo su un motore di ricerca finiscono anche le immagini, è dunque inattendibile che immagini e ricerche tradizionali corrano su due binari separati.
Con l’algoritmo di ricerca di immagini il posizionamento di un’immagine avrà molta importanza nella definizione della relativa SERP e quindi delle priorità.
Se per contro l’update dipendesse solo dalle immagini, basterebbe seguire le linee guida indicate da Google:
posizionamento delle immagini nella parte superiore della pagina (se un e-commerce ha più immagini per lo stesso prodotto, l’immagine posta in alto sarà più visibile sui motori di ricerca);
utilizzare gli attributi ALT previsti a supporto delle immagini, in maniera che ne sia identificabile in qualsiasi caso il contenuto. Accertarsi che ci sia un rapporto semantico tra la pagina e l’immagine inserita al suo interno;
evitare di utilizzare immagini duplicate soprattutto per preservare un posizionamento già autorevole.
Operativamente, scansione delle immagini e della pagina web vengono eseguite simultaneamente, creando un indice di ricerca sulle prime. A questo punto entra in gioco l’algoritmo di ricerca che disattenderà le immagini contenenti spam eseguendone il downgrade mentre valorizzerà quelle più pertinenti e inserite in un contesto.