Progetto Running della Fidal 2017

(sabato 31 dicembre)

Per partecipare alle competizioni “Non Stadia” inserite nel calendario Nazionale e Internazionale della Fidal è obbligatorio per gli atleti essere tesserati con la Fidal tramite società affiliata oppure con Runcard, (per le gare Internazionali anche atleti stranieri tesserati per Federazioni straniere affiliate alla IAAF).

Gli elenchi atleti Elite sono aboliti.

Per i tesserati con un Ente di Promozione Sportiva ci sarà la possibilità di sottoscrivere la “Runcard EPS” al costo di 15 euro.

Tutte le maratone, mezze maratone e gare storiche saranno inserite nel calendario nazionale.

Le manifestazioni “Non Stadia” (corsa campestre, strada, montagna, ultradistanze e trail) avranno la classificazione GOLD, SILVER o BRONZE.

 

(tratto da www.podisti.net, 22 dicembre)

Comunicato importante: il 'Giorno del Giudizio' è rimandato !

(giovedì 29 dicembre)

    E niente, si va ! … O meglio, si procede (ancora) così !!
La stagione 2016 del PdO si è conclusa al mese di ottobre con “sinistre” e poco incoraggianti (!!) noie al ginocchio, per cui ho ritenuto opportuno fermarmi per gli esami di routine per capire “DI CHE MORTE MORIRE” – così ho coniato con ironia questo momento di stand-by.
Non avendo mai sofferto problemi del genere, non avevo idea di che cosa potesse esserne la causa: liquido, cartilagine, …, menisco ? …. Stop ????
Il culmine si è profilato con una opportuna RM che avrebbe tracciato più approfonditamente eventuali anomalie a livello osseo e muscolare.

‘Nulla di allarmante …; è un inizio di infiammazione dovuto al riversamento del liquido…’- è stato il responso del medico che oggi mi ha (finalmente!) letto il referto della risonanza per me indecifrabile – ‘… Stai invecchiando ! …’. (SSOBBB) ….
Ma non ssobbb sparato a caso ma perché al mese e mezzo alle spalle di fermo precauzionale si aggiungono almeno altri venti giorni in attesa di una terapia di contrasto per attutire l’iniziale infiammazione riscontrata.
Da qui consegue che la preposta decisione sulla prossima stagione di corse(tte) è ancora rimandata, anche se oramai va prendendo una direzione quasi definitiva !

"Un" weekend di dicembre …

(lunedì 19 dicembre)

Dopo una pausa “imprevista” di due settimane torno sul taraflex per una partita di under 18: di fronte le padrone di casa di Orasport Gazzada contro la compagine di San Carlo Varese.
Squadra ospite chiamata a difendere il primo posto nel girone dal ritorno di Ss Bizzozzero la quale giusto pochi giorni aveva strappato tre punti preziosi nello scontro diretto. In un’ora di gioco San Carlo riesce ad imporsi agevolmente (25-16, 25-14, 17-17) chiudendo così la pratica con una partita d’anticipo rispetto al termine della fase invernale provinciale il discorso qualificazione, con le padrone di casa che non riescono mai ad impensierire seriamente la squadra di Muselli, ad eccezione di qualche veemenza e reazione della squadra di casa nel terzo parziale.
A dirla tutta però, conoscendo Lo spessore della squadra varesina e di alcune sue pedine, poteva verosimilmente trattarsi di una facile pratica per San Calo ma si denotano diversi errori sul campo particolarmente in battuta, peraltro rilevati da ambo le parti.
Aldilà delle differenti annate nei due sodalizi, verosimilmente il campo dà atto della diversità esistente fra le due squadre: da una parte la maggiore esperienza di San Carlo che probabilmente oggi si presenta al meglio dopo lo sgambetto di inizio settimana facendo girare bene la palla e dando atto di una buona prova, dall’altra le locali che, pur partendo bene, progressivamente si sfilacciano e si dimostrano imprecise sugli attacchi di San Carlo. Nel secondo set poi schianta le avversarie trovando una buona rotazione (da 6-6 a 9-19). Nel terzo infine come detto la squadra di Ferronato cerca di rimanere aggrappata a San Carlo si assiste ad un testa a testa che le ospiti riescono a risolvere solo nel finale con un buon gioco delle bande.

Domenica pomeriggio ad Induno Olona eccomi per una gara di under 13: di fronte la squadra locale di coach Chiaravalli opposta al sodalizio di San Carlo, attuale capolista indisturbata del girone VA05. Da notare peraltro che OSGB è sempre una squadra imprevedibile, capace di inaspettate rimonte, la quale nelle ultime uscite è andata in crescendo. Pertanto, ecco servita una partita “accesa” ( .. profetico !!).
Ranghi ridotti per le due squadre che si presentano in campo ambedue con sette giocatrici.
La partita: San Carlo detta legge e ritmi nei primi due set quasi ipnotizzando e annichilendo le locali (2-14 al primo set e 3-11 al secondo già alla conclusione della seconda rotazione) ma, come anticipato, le ragazze di casa non di perdono d’animo e verve e si ritrovano nei due set successivi, riaprendo così i giochi dopo due parziali molto avvincenti e concitati come si dice nel gergo (21-19 e 17-15).
Masala avverte l’onta che potrebbe profilarsi e richiama la squadra a tenersi unita ma a giocare con scioltezza in campo che difatti riesce ad amministrare il tiebreak (4-8 al cambio di campo, per il finale 11-17).

Il meta tag ‘viewport’

(mercoledì 13 dicembre)

La maggior parte dei browser per dispositivi mobili oggi disponibili è in grado di rendere le pagine web concepite per il desktop senza alcun problema. Parliamo di layout ma anche di interazioni Javascript e funzionalità più avanzate. Per quanto riguarda il layout, tutto avviene attraverso un meccanismo di adattamento delle dimensioni. Una pagina come la home di HTML.it, basata su un container centrato e largo 996px, viene così visualizzata sullo schermo di un iPhone 3GS:

La home page di HTML.it su iPhone

Il browser adatta automaticamente le dimensioni della sua area di visualizzazione (viewport) per accomodare al meglio il layout della pagina, che infatti viene reso nella sua configurazione originale, quella pensata per il desktop.

Questo processo, però, avviene su uno schermo che ha una risoluzione orizzontale di 320px! La pagina viene di fatto ridimensionata e ridotta in scala proporzionalmente. Il risultato è che per leggere un articolo di HTML.it su iPhone dobbiamo necessariamente zoomare sull’area che ci interessa con il doppio tap o con il pinch, gesti che sono certamente familiari a chiunque abbia utilizzato uno smartphone per navigare in rete.

Alla base di questo meccanismo c’è la differenza, cruciale, tra dimensione (risoluzione) dello schermo e dimensione della viewport. Su un iPhone, la dimensione orizzontale dello schermo è di 320px, mentre la viewport di Safari per iOS è pari, di default, a 980px.

Tale comportamento può andare bene e risultare accettabile fino a quando non si decida di adattare il sito ai dispositivi mobili. Nel momento in cui si compie questa scelta, è fondamentale controllare il meccanismo che regola il funzionamento della viewport. Possiamo farlo attraverso un semplice meta tag.

Come funziona il meta tag viewport

Quando realizziamo un sito che vogliamo si adatti ai browser dei dispositivi mobili, dobbiamo sempre inserire nella head della nostra pagina il meta tag viewport. Semplificando: con questo meta tag siamo noi a suggerire al browser il modo in cui dovrà gestire la viewport. Il controllo passa nelle nostre mani invece che essere affidato ai meccanismi di default del browser.

L’istruzione minima da inserire è questa:

<metaname="viewport"content="width=device-width">

Stiamo dicendo al browser di impostare la larghezza (width) della viewport in base alla larghezza dello schermo del dispositivo (device-width).

Con questa istruzione, su un iPhone con orientamento portrait la larghezza della viewport sarà pari a 320px; 480px se lo smartphone è in orientamento landscape; sarà di 1024px su un iPad in modalità landscape, e così via. Saremo poi noi ad adattare il layout a queste dimensioni!

Ma cosa succede ad un sito con un layout non adattato per il mobile se si adopera quella riga di codice? Questo:

La home page di HTML.it con tag ‘viewport’ su iPhone

Dal momento che ora l’area di visualizzazione è di 320px e non 980px come di default su Safari per iOS, il layout non viene adattato, non avviene nessun ridimensionamento in scala, visualizzeremo solo una parte della pagina larga 320px, e per accedere al resto dovremo affidarci allo scrolling orizzontale.

Ricapitolando: se abbiamo un sito che non si adatta nel layout ai dispositivi mobili, non usiamo il meta tag viewport e lasciamo che sia il browser a compiere l’adattamento nei modi che abbiamo visto; se operiamo in un contesto responsive in cui il sito si adatta automaticamente nel layout ai dispositivi mobili, dobbiamo usare il meta tag nella configurazione vista qui sopra.

Altre impostazioni del meta tag viewport

Attraverso il meta tag viewport possiamo intervenire su altre impostazioni. Nel nostro progetto guida abbiamo così configurato l’istruzione:

<metaname="viewport"content="width=device-width, user-scalable=no,
initial-scale=1.0, minimum-scale=1.0, maximum-scale=1.0">

Con la proprietà user-scalable possiamo decidere se consentire o meno all’utente di ridimensionare/zoomare la pagina. La home page de “Il viaggio” non può essere ridimensionata.

La proprietà initial-scale imposta il fattore di zoom iniziale, relativo al momento in cui la pagina viene caricata.

Con minimum-scale e maximum-scale possiamo invece stabilire di quanto l’utente può zoomare la pagina, fissando dei limiti (avendo usato user-scalable=no queste ultime istruzioni sono in realtà un di più, le abbiamo inserite nel codice solo a fini didattici).

Può bastare così. L’argomento è complesso, ma per i nostri obiettivi sappiamo tutto quello che c’è da sapere. Per una panoramica completa sul meta tag viewport le migliori risorse sono la documentazione di Apple e questo articolo apparso su Dev.Opera.

(tratto da www.html.it)

Quali sono le risoluzioni più frequenti per i display?

(lunedì 12 dicembre)

Responsive design, immagini adattive, auto-fit dei contenuti, rilevazione automatica del dispositivo corrente, orientamento degli schermi, piattaforma e browser di riferimento per le varie tipologie di utenza, ad oggi sono tante le variabili che uno sviluppatore deve tenere in considerazione nella realizzazione d’interfacce per Web applications e siti Web; ma alla base di tutti i criteri citati vi è (tra gli altri elementi) il discorso relativo alle risoluzioni, per cui potrebbe essere utile verificare quali siano quelle più frequenti e in quali device vengano utilizzate.

Rispettando un ordine crescente, potremmo individuare un primo limite al di sotto dei 320 pixel, in questo caso stiamo identificando una fascia a bassa risoluzione all’interno della quale operano soprattutto i comuni “telefonini” (non smartphone o solo pochi di essi) e alcuni dei dispositivi Apple più datati; in questo caso il livello è quindi di poco superiore a quello del quadrante di un tabellone luminoso a cristalli liquidi.

Nella zona compresa tra i 320 e i 480 pixel troviamo tutta una serie di dispositivi di “prima generazione”, anche all’interno di essa sono presenti alcuni device della Mela Morsicata, ma i device di riferimento sono in particolare i primi modelli di smartphone prodotti più o meno in concomitanza con l’iPhone (release 2G o EDGE); mentre tra i 480 e i 720 pixel abbiamo quella che potremmo chiamare la “smartphone zone”, popolata da modelli di cellulari con caratteristiche avanzate ivi compresi modelli più recenti di iPhone.

Tra i 720 e i 768 pixel vi è una maggiore distribuzione di tablet, in buona parte iPad, mentre le due aree successive riguardano rispettivamente la modalità di visualizzazione portrait (“ritratto”, dai 768 ai 900 pixel) e landscape (“panorama”, dai 900 ai 1024 pixel) per le quali sono coinvolti soprattuto tablet, phablet e smartphone dotati di diagonali sufficientemente ampie.

Tra i 1024 e i 1200 pixel regnerebbero invece sovrani gli schermi dei desktop, oltre i 1200 pixel si troverebbero invece tablet di ultima generazione (ma non necessariamente dotati del supporto per la tecnologia Retina) e pochi altri device.

Sostanzialmente potremmo quindi definire sei diversi breakpoints: tre minori, 320, 720 e 900 pixel, e tre per le risoluzioni massime: 480, 768 e 1024 pixel.

 

(tratto da www.mrwebmaster.it, 6 dicembre 2013)

Google ignora il meta tag keywords, è ufficiale!

(domenica 11 dicembre)

Da anni chi si occupa di SEO afferma con certezza che il meta tag keywords è assolutamente ininfluente per il posizionamento su Google, e in alcuni casi (ad esempio, se si esagera col numero di parole chiave inserite nel tag) può anche risultare deleterio.

Ma una vera e propria conferma ufficiale non era mai giunta da Mountain View, quindi si andava un pò… “per intuito”. Almeno fino a 2 giorni fa, quando Matt Cutts, dalle colonne dell’Official Google Webmaster Central Blog, ha detto chiaramente che Google does not use the keywords meta tag in web ranking.

Google ha mai utilizzato il meta tag keywords ai fini del ranking?

In una sola parola, no. E’ vero, Google vende una Search Appliance in grado di filtrare le ricerca in base ai meta tag, incluso il meta tag keywords. Ma questa appliance lavora a livello enterprise, e non a livello web. La ricerca web di Google (quella di Google.com, che viene utilizzata da milioni di persone ogni giorno) non tiene affatto conto del meta tag keywords. Semplicemente il tag non ha alcun effetto a livello di ranking.

Perchè Google non utilizza il meta tag keywords?

Circa una decina d’anni fa, i motori di ricerca “giudicavano” le pagine esclusivamente in base ai contenuti, a non in base ai cosiddetti fattori off-page (fra i quali, ad esempio, i link che puntano ad una pagina). In quel periodo, il meta tag keywords divenne rapidamente un’area dove si inserivano un sacco di parole irrilevanti, senza che i visitatori abituali del sito potessero vederle. Siccome il meta tag keywords è stato spesso oggetto di abusi, da parecchi anni Google ha iniziato ad ignorarlo.

Ciò significa che Google ignora tutti i meta tag?

No, Google supporta parecchi altri meta tag. Questa pagina include un elenco dei meta tag che Google riconosce. Per esempio, a volte viene utilizzato il meta tag description come testo da mostrare negli snippet:

Anche se a volte viene visualizzato il contenuto del meta tag description nello snippet, tale tag non va ad influenzare il ranking.

Ciò significa che Google ignora sempre il meta tag keywords?

E’ possibile che Google possa utilizzare queste informazioni in futuro, ma è poco probabile. Google ha ignorato il meta tag keywords per anni, e al momento non si vede il motivo per cui debba cambiare questa politica.

(tratto da blog.tagliaerbe.com, 23 settembre 2009)

 

Interessanti alcuni commenti rilasciati in coda all’articolo pubblicato:

‘Ma noi creiamo ed ottimizziamo siti per i motori di ricerca o per gli utenti? … la realtà con la quale ci confrontiamo tutti quotidianamente comprende anche persone che in quanto tali sono libere di pensare ed essere influenzate o consigliate dalle persone che vogliono.
Quindi il metatag keyword sarà inutile ai motori, ma è utile per far percepire al cliente che stiamo lavorando come l’amico del cugino insegna, e come il cliente stesso si aspetta che lavoriamo. Non lasciamo che l’aspetto tecnico prenda il sopravvento sul nostro lavoro. Il sito è per le persone e non per gli spider.’

‘Da quando Google ha allargato (anche in senso logico) lo snippet della descrizione nella SERP, dando spazio al testo contenuto nelle pagine e ignorando di fatto la description …. beh direi che da quel momento ha messo una pietra sopra alla description.’

‘Penso sia compito del consulente (esperto nel settore) farsi carico di spiegare le scelte fatte e dare un valore aggiunto al cliente.’

‘Attenzione perchè, fortunatamente, non c’è solo Google (e ciò è vero soprattutto se ci si occupa di SEO Multilingua con progetti a respiro internazionale in paesi dove altri motori di ricerca – yandex, baidu, naver, yahoo! – la fanno da padrone)!’

 

 

 

Il presepio e l'albero

(9 dicembre)

 Incontriamo il Nato Bambino

 

All’evento della Nascita di Gesù si giunge attraverso una fase preparatoria ed organizzativa che vede all’opera grandi e bambini. Una tradizione del “fare” che ebbe origine nel 1223 a Greccio con san Francesco d’Assisi. Era una scena della Natività fatta di essenzialità e semplicità, riflesso del sentire e vivere del Poverello d’Assisi.
Nel tempo le rappresentazioni del presepio sono andate sempre più elaborandosi. Da anni l’arte e la creatività hanno dato luogo a molteplici interpretazioni e svariati modelli che pur ruotando attorno alla ricostruzione storica della nascita di Gesù, da essa si distaccano introducendo mestieri e figure del presente.
A San Gregorio Armeno, Napoli, ad esempio, la fantasia napoletana mette in scena statuine con personaggi dello spettacolo e Capi di Stato.
In tante parrocchie viene realizzato il presepe vivente con la partecipazione attiva dei fedeli. Un modo per coinvolgere famiglie intere avvicinando anche i giovani che non frequentano la chiesa.
Il presepe che potrebbe essere definito come il luogo della tenerezza divina, trova anche nelle abitazioni una collocazione centrale in virtù di una tradizione religiosa irrinunciabile. Alla ricostruzione storica della Natività spesso si affianca l’albero di Natale.
ricordiamo che durante il pontificato di san Giovanni Paolo II nel 1982 fu allestito per la prima volta un grande albero di Natale in piazza San Pietro a Roma. Significative le parole di papa Francesco: ‘Anche oggi, Gesù continua a dissipare le tenebre dell’errore e del peccato, per recare all’umanità la sfolgorante luce divina, di cui l’albero natalizio è segno e richiamo” (13 dicembre 2014).

 

(tratto da “La Domenica, periodico religioso)

HTML Snippets Powered By : XYZScripts.com
Exit mobile version