In California la nuova corsa all’oro. Torna la Gold Rush.

(26 aprile)

E’ di pochi giorni fa la notizia che in California è tornata in auge la “Ricerca dell’Oro” alla stregua di quanto accadde a metà del XIX secolo nel Klondike e in Alaska … Giacimenti che sono stati sfruttati ancora in minima parte; chi ha saputo sfruttare questa occasione si è letteralmente arricchito.

Le innumerevoli devastazioni occorse negli ultimi anni in California hanno sì segnato una notevole tragedia sia ambientale (desertificazione di intere foreste) sia umana (decine di morti, interi villaggi distrutti dalle fiamme) con paurosi incendi boschivi, ma permesso di rivivere uno scenario di decine d’anni fa.

Quest’anno, poi, il passaggio dalla siccità alle alluvioni e a un’abbondanza di precipitazioni nevose ha provocato inondazioni e cascate di fango, determinando un importante dissesto idrogeologico.

Ma per chi ancora cullava in sè il mito dei cercatori d’oro queste devastazioni sono state una benedizione. Rivivere così il periodo della corsa all’oro di quasi 200 anni fa quando, spinti dai giacimenti auriferi, arrivarono nelle vicine regioni cercatori d’oro da tutta l’America ma anche da tutto il mondo. Una volta sfruttati i filoni principali, i cercatori se ne andarono, ma non completamente: qualche vecchio nostalgico rimase in quei paesi a setacciare a mano nei fiumi.

L’eccezionale portata di maltempo degli ultimi tempi ha rigenerato le stesse condizioni di allora: con il mutamento generatosi negli strati superficiali del terreno spaccato dalla siccità, sono così riapparse le pepite d’oro rimaste sino ad ora in profondità. Ecco così che il popolo dei vecchi cercatori si è rimesso al lavoro, e la loro associazione – il Gold Country Treasure Seekers Club – è tornata ad essere da ritrovo di un circolo di anziani una vetrina per le quantità di ricchezza facilmente accumulate.

Con un potenziale giacimento sfruttato ancora in minima parte, forse finirà tutto con il sopraggiungere della primavera, ma appare palese che il fenomeno di questi smottamenti del terreno non sarà una semplice parentesi, attirando ancora a lungo altri cercatori d’oro: chi ne ha fatto una vera e propria professione come semplici turisti della domenica. Risvolto indubbiamente positivo è quello di aiutare un’economia non certo florida come è quella della Central Valley.

[rif.: corriere.it;
https://www.visitcalifornia.com/it/attraction/corsa-alloro-jamestown]

Il codice a barre

(lunedì 10 aprile)

Il codice a barre è un codice di identificazione costituito da un insieme di elementi grafici a contrasto che vengono letti da un dispositivo di scansione e quindi ‘spacchettati’ ovvero decodificati per ottenere l’informazione contenuta. È costituito da una serie di barre nere e spazi bianchi, in un numero predefinito. Questi elementi insieme, costituiscono la carta di identità di un prodotto o di un articolo, contenendo tutte le informazioni utili al fine di garantirne l’identificazione e la tracciabilità. Infatti, ogni prodotto viene identificato da un’etichetta che riporta il suo codice univoco che, per convenzione, è un codice a barre, lineare o bidimensionale, il quale può essere considerato come la carta d’identità del prodotto. Devono usare questo sistema di catalogazione tutti gli operatori che vendono alla grande distribuzione. In particolare se operano nel settore alimentare; viceversa, se i prodotti sono solo per uso interno, entro cioè i confini di un paese, non hanno bisogno di fare parte del sistema utilizzato dai “Codice a barre”.

Se prendiamo un codice a barre le prime 3 cifre indicano la provenienza e identificano il paese (ad esempio, nei codici a barre le prime 3 cifre identificative dell’Italia vanno dall’800 all’830, per la Francia vanno dal 300 al 379, per la Germania dal 400 al 440), le 4 cifre che seguono rappresentano l’indirizzo del produttore o del fornitore; le 5 cifre successive si riferiscono all’articolo stesso, mentre l’ultima cifra agevola la lettura.

Storia

Il codice a barre nacque il 7 ottobre 1948 da un’idea di due studenti di ingegneria dell’Università di Drexel, Norman Joseph Woodland e Bernard Silver; l’idea nacque dall’esigenza del presidente di un’azienda del settore alimentare di automatizzare le operazioni di cassa. La loro intuizione si antepose a quella di utilizzare il codice Morse sviluppato però in senso verticale, in modo da ottenere barre strette e barre larghe, e a quella di impiegare codici a barre ovali (nel 1972, l’esperimento effettuato in un grande magazzino di Cincinnati con l’aiuto della RCA, non produsse risultati incoraggianti in quanto ma i codici si macchiavano facilmente o producevano delle sbavature durante la stampa, per cui l’esperimento fu un insuccesso). La loro invenzione venne brevettata per la prima volta nel 1952.

La modalità della loro lettura venne poi gradualmente ottimizzata:
i primi tentativi di riconoscere i codici a barre avvennero utilizzando un fotomoltiplicatore (originariamente utilizzato per la lettura ottica delle tracce audio dei film) ma non ebbe successo a causa dell’eccessivo rumore dei dispositivi utilizzati, del calore generato dalla lampada utilizzata per l’illuminazione del sistema oltre che al costo non indifferente per le lampade allo xeno, all’epoca l’unico gas in grado di assicurare un’adeguata fonte luminosa.

Il progressivo sviluppo della tecnologia laser consentì di poter disporre di lettori a prezzi più accessibili; inoltre, lo sviluppo dei circuiti integrati permise la decodifica dei codici.

Silver morì nel 1963, prima di poter vedere le applicazioni pratiche del suo brevetto. Woodland utilizzò presso IBM i codici a barre lineari, i quali vennero adottati il 3 aprile 1973 con il nome “UPC” (Universal Product Code). Il 26 giugno 1974 rappresenta una data centrale: in un supermarket a Troy, nell’Ohio, fu venduto il primo prodotto (un pacchetto di gomme americane) con l’ausilio di un lettore di codici a barre.

Nello stesso anno si volle introdurre anche in Europa un sistema similare, che fosse compatibile con UPC; nel 1977 i rappresentanti di 12 Paesi europei, tra cui l’Italia, fondarono a Bruxelles la European Article Numbering Association (in seguito chiamata EAN), che dal 2005 venne conosciuta a livello internazionale col nome di GS1. Nel 1978 nacque in Italia quella che oggi è GS1 Italy: si chiama Indicod, inizialmente formata da 60 imprese associate, che ad oggi sono circa 35 000.

Nel 1992, Woodland ricevette la medaglia nazionale per la tecnologia.

Tipologie dei codici a barre

Una prima distinzione da fare é fra codici a barre lineari e codici a barre bidimensionali (‘matrici’).

Lineari
Il codice a barre lineare è composto da un susseguirsi di barre e spazi. La barra è l’elemento scuro del codice a barre, formato da un segmento verticale. Lo spazio è l’elemento chiaro del codice a barre e separa due barre tra loro.
Si definisce modulo la larghezza dell’elemento (barra o spazio) più stretto.

Un particolare tipo di codici a barre lineari sono i codici a barre discreti, in cui solo le barre portano l’informazione. Nei codici a barre discreti, ogni carattere del codice ha lo stesso numero di barre e spazi e ciò ne rende facile la rappresentazione con un font di caratteri (ad es. Code 39). Viceversa, nei codici continui troviamo informazioni sia nelle barre che negli spazi; in essi ciascun carattere può avere una lunghezza diversa.
Tra i codici a barre lineari, ce ne sono alcuni che per gli elementi prevedono solo due spessori (largo e stretto); altri prevedono al contrario un numero variabile di spessori. Ogni tipo di codice a barre inoltre prevede i caratteri ammessi (es. solo numerici, alfanumerici, alcuni caratteri speciali). Altri tipi di codici a barre prevedono una lunghezza del codice fissa: ad esempio, EAN 13 ha una lunghezza fissa di 13 caratteri, UPC A di 12 caratteri.
Alcuni tipi di codici a barre possono essere Stacked ovvero impilati (esempi sono GS1 DataBar Stacked Omnidirectional, GS1 DataBar Expanded Stacked e GS1 DataBar Stacked).

I codici a barre come siamo abituati a pensarli, ovvero quelli con le barre nere e gli spazi bianchi rientrano nella prima categoria, mentre i QR code, i DataMatrix e i codici farmaceutici nella seconda.

L’EAN (European Article Number), molto utilizzato in Italia, viene utilizzato nella grande distribuzione, seguito dal Farmacode o codice 32 adottato per l’identificazione dei farmaci e delle specialità vendute al banco nelle farmacie. Sempre nella grande distribuzione, si può trovare lo Universal Product Code (UPC) per i prodotti importati da Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Stati Uniti. Dal 2014 nello stesso settore è possibile usare la famiglia di codici a barre GS1 DataBar per la sua caratteristica di memorizzare un maggior numero di informazioni in minor spazio. Nell’ambito industriale hanno trovato grande diffusione il codice 128, il codice 39 e il 2/5 interlacciato.

La maggior parte dei codici ha un codice di controllo (check digit) che viene acquisito dall’unità di lettura per verificare la corretta lettura e l’integrità dei dati.

Bidimensionali I codici a barre bidimensionali hanno due dimensioni appunto, e vengono letti tramite apparecchi fotografici e smartphone.

Lettura dei codici a barre

La disponibilità dei lettori di codici a barre è andata diversificandosi progressivamente con l’avvento di nuove tecnologie e con l’ottimizzazione della componentistica elettronica.

Tipo di collegamento

Se parlando lettori di codice a barre il pensiero va immediatamente a quelli collegati ad un personal computer o ad un registratore di cassa, ci sono anche lettori dotati di memoria “propria” e pertanto in grado di immagazzinare un certo numero di letture prima di avere necessità di scaricarle utilizzando un’unità base (il ‘calamaio‘ nel caso delle penne ottiche). Altri lettori sono invece dotati di un trasmettitore che consente di comunicare in tempo reale ad un’unità ricevente i dati letti.

Tecnologia di lettura

Di base, esistono 26 tipologie di codifica.

La tecnologia prevalente e più affidabile nella loro lettura utilizza uno o più raggi laser, integrati ad una testina oscillante e talvolta ad un sistema di specchi, per avere la certezza, o comunque una maggiore probabilità, che qualsiasi codice stampato venga letto al primo tentativo. Analogamente, esistono anche dei lettori più economici che utilizzano una barra di LED per illuminare i codici a barre e un sensore CCD (Charged Coupled Device) per la lettura: ne risultano dispositivi più leggeri e più resistenti, ideali per scanner da impugnare, i quali però devono essere ravvicinati ai codici a barre da leggere. In ambito industriale, le ultime tecnologie prevedono la lettura del codice a barre tramite l’acquisizione di un’immagine fornita da un sistema video. nella fotografia “impressionata” dal software il codice a barre viene letto e poi interpretato.

Uno dei programmi a disposizione per gli utenti Android è “Barcode Scanner“, disponibile gratuitamente. Una volta installato ed avviato, per potere leggere i codici da fotocamera, è necessario mettere il telefono in orizzontale. Anzitutto, il codice a barre deve essere leggibile sul prodotto; assicurarsi poi che nella foto sia visualizzato integralmente e, quando si scatta la foto, assicurarsi di mettere a fuoco il codice a barre.

Se, utilizzando un lettore o uno scanner, non si riesce a decodificare il codice, si tratta sicuramente di un errore.

Applicazioni

I codici a barre trovano ampio utilizzo nella gestione del magazzino e del movimento delle merci; la spesa per la loro stampa è decisamente poco rilevante, poiché il bozzetto è solitamente parte integrante del bozzetto dell’etichettatura o dell’imballaggio della merce.

Quello del codice a barre è un meccanismo semplice da capire: ad ogni numero corrisponde “qualcosa” !

Questo sistema facilita lo svolgimento delle attività di di cassieri e magazzinieri andando ad interessare la gestione degli ordini, la collocazione sugli scaffali, gli inventari… ma non da meno il codice a barre è utile anche al consumatore per capire la tracciabilità di un prodotto.

Altra applicazione è quella per le pubblicazioni e i periodici, al fine di facilitare l’identificazione e la classificazione degli stessi.

Particolare è quella finalizzata all’identificazione dei convogli in transito in determinate tratte ferroviarie o nelle linee della metropolitana.

Vengono utilizzati anche sulle carte fedeltà, per rappresentarne il codice identificativo associato al titolare della carta stessa.

Ancora, il codice a barre è presente anche nel retro della tessera sanitaria e codifica il codice fiscale.

Esiste poi un particolare tipo di codice chiamato GSI Digital Link e che rappresenta l’evoluzione del codice bar che permette di aggiungere informazioni quali il numero di lotto, la data di scadenza e un link ipertestuale a una pagina contenente informazioni sulla composizione del prodotto e le modalità di riciclo.

Per acquistare un codice EAN occorre richiesta all’associazione internazionale GS1 (in Italia rappresentata da Indicod-ECR). Il codice a barre viene così richiesto ad un ente terzo, che certifica l’azienda e rilascia i dati fissi (“stringa” di 9 cifre) che ogni codice riporterà.

In Italia sono tre i tipi di codici a barre diffusi. Il più comune è indubbiamente l’EAN, European Article Number. Il codice EAN è un pezzetto del codice ISBN.

Culturalmente …

Secondo una leggenda metropolitana i codici a barre lineari applicati su tutti i prodotti commerciabili nel mondo occidentale contengono il numero 666, il cosiddetto numero della Bestia: tale numero sarebbe rappresentato dalle tre barre di divisione, di forma uguale, delle quali una centrale separa la prima parte del codice dalla seconda, e le altre due sono poste al principio e alla fine del codice: tali barre sono in effetti formate da due righe sottili di uguale misura, identiche a quelle rappresentanti nel codice il numero 6. Questa ipotesi ha dato lasciato spazio a diverse interpretazioni fra cui quella secondo cui esista una corrispondenza con un rimando alle profezie dell’Apocalisse di san Giovanni (13,17-18).

Grazie ai numeri posti sotto le barre nere verticali di un codice a barre, è possibile effettuare delle ricerche su Google per identificare in breve tempo il prodotto.

Il codice a barre è stato adottato anche – impiego significativo questo – nella catalogazione dei libri nel 2007, rapportando cioè il metodo di identificazione dei libri con le tre cifre che ne identificavano la natura editoriale (posizionato sulla confezione del prodotto o sul retro del prodotto, stampato sotto il codice a barre; utilizza da 1 a 5 cifre ma che può raggiungere le 14). Dunque, in buona sostanza, i due codici non sono la stessa cosa ma semplicemente il codice EAN è un pezzetto del codice ISBN.

“Io / me”

(martedì 14 marzo)

L’infanzia di ognuno di noi è legata a una più o meno sterminata mole di foto che ci ritraggono nei momenti più svariati dei nostri primi anni: dal bagnetto, alle prime pappe, ai momenti di svago, con mamma e papà, ….

Ecco, questa è e rimane la fotografia emblematica dei miei primi anni di vita, della mia spensieratezza. Eccomi, seduti sugli scalini della scala di casa, a metà altezza (significato allegorico ??), con una foglia accartocciata del vicino albero di noce, i vasi dei gerani di mia madre lungo i gradini dall’altra parte. Io paffutello baciato dal sole ! …
L’espressione- certo non comandata – dice di un bimbetto che attende con trepidazione “quel che verrà …”. Un attimo qua per questa posa ma già proiettato si suoi prossimi svaghi nel giardino sottostante o nella mano dei suoi genitori !

Mentre – merita una “menzione” – la più soddisfacente della mia gioventù è questa, che mi ritrae insieme a mio cugino Maurizio con la prima medaglia vinta in una gara (.. seconda elementare ??) di corsa: il periplo di un campo di calcio praticamente; il tempo beh non lo ricordo !!#

Amore e Psiche, Amore e Consapevolezza

Amore-Psiche -Consapevolezza: un trinomio i cui fattori sono imprescindibili e uno complementare all’altro, il che sta a significare una stretta relazione fra i tre elementi.

Amore e Psiche sono i protagonisti dell’opera ‘La Metamorfosi’ di Apuleio. Secondo la mitologia, Amore è riconducibile a Cupido, signore dell’amore e del desiderio, Psiche all’anima. Unendosi alla Psiche, L’Amore che la rende immortale. Un dualismo ineluttabile – diremmo ai giorni nostri -.

Una commistione fra Amore e Psiche che avviene interamente al buio, in un contesto – si badi bene – di inconsapevolezza: quasi a significare la casualità dell’unione tra i due “elementi”: l’anima non sa con chi si unisce ogni notte e, spinta dalla curiosità, non si fida più di quella presenza che gli offre tutto ciò che desidera dal suo ego. Curioso è poi che Psiche non ha coscienza di sè e pertanto non può vedere né scegliere, e conseguentemente rimane incerta la ricerca di Eros.

La leggenda si conclude con il matrimonio fra i due ‘innamorati’ e la nascita di una graziosa bambina che prese il nome di Voluttà] : il piacere intenso e appagante.

La consapevolezza, nell’amore e nelle relazioni, è paragonabile ad un salvavita.
Essere consapevoli vuol dire prendere atto d ciò che si sta perseguendo e inseguendo con il proprio ‘ego’, gli atti le azioni che compiamo di conseguenza, ciò che rende perfetto e incorruttibile un legame che si cerca che si vuole.

‘Importante rendersi conto che una relazione d’amore soddisfacente e gratificante passa attraverso la consapevolezza: la consapevolezza delle azioni che compiamo, dei nostri pensieri e delle nostre frasi d’abitudine’.


La consapevolezza in amore è una scelta (più o meno obbligata se vogliamo dare importanza al legame avviato). Nella relazione di coppia la consapevolezza è la capacità di saper valutare lo ‘stato di salute’ del rapporto (ancor prima amicale) instaurato.


“La consapevolezza e l’amore, forse, sono la stessa cosa, perché non conoscerete niente senza l’amore mentre con l’amore conoscerete molto” (Dostoevskij).

Ascoltare la realtà e servire la verità

Molto opportuno il tema che papa Francesco ha scelto per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che oggi (domenica 29 maggio, ndr) celebriamo e che si riassume nell’invito : “Ascoltate !“. Sì, opportuno perché la centralità dell’informazione nella vita della nostra società, sempre più complessa, e la delicatezza degli equilibri che può smuovere o rinforzare richiede da parte degli operatori della comunicazione grande professionalità e soprattutto, amore per la verità. Papa Francesco, nella presentazione del tema ” chiede al mondo della comunicazione di reimparare ad ascoltare“, perché “la pandemia ha colpito e ferito tutti e tutti hanno bisogno di essere ascoltati e confortati. L’ascolto è fondamentale anche per una buona informazione. la ricerca della verità comincia dall’ascolto. E così anche la testimonianza attraverso i mezzi della comunicazione sociale”.
E’ un invito all’ascolto, quello del Papa, che non va preso alla leggera o considerato cosa ovvia. Per comprenderlo correttamente è importante ricordare quanto egli stesso scriveva nel Messaggio dello scorso anno, nel quale esortava a “comunicare incontrando le persone dove e come sono“, e chiedeva agli operatori della comunicazione di rinunciare alla comoda presunzione del “già saputo” per mettersi in movimento, per andare a vedere, per stare con le persone, per ascoltarle. In altre parole, chiedeva di far prevalere la realtà, che è sempre portatrice di stupore, piuttosto che le proprie precomprensioni e opinioni.
Purtroppo, non è quello che sempre accade e, accanto a voci e penne coraggiose e attente alla verità delle cose, se ne trovano altre orientate piuttosto a servire interessi particolari. Ben venga, allora, l’invito di Papa Francesco ad “ascoltare” la realtà, perché questo significa innanzitutto “servire” la verità. L’auspicio è che questo invito venga accolto da tutti gli operatori dell’informazione. Ne trarranno vantaggio la dignità della loro nobile professione e il bene comune dei cittadini.

Quando la palla chiama … l’arbitro (ligio) risponde

(13 marzo)

E’ provato “scientificamente” – verrebbe da dire – che la palla esercita un influsso innegabilmente positivo, benefico tanto sui bambini/ragazzi quanto poi sugli adulti.
A questi ultimi in particolare, escludendo quanti continuano a stare dalla ‘parte attiva’ per vocazione, spetta il delicato e responsabile compito di educare al gioco (uno strumento utile anche per la crescita personale) – in maniera particolare proprio i fanciulli -, passando in questa maniera da soggetto attivo – coinvolto nella pratica – a soggetto passivo – in cui volgere la propria attenzione ai regolamenti e al rispetto delle regole -.
Questo avviene se la passione per la disciplina e le sue regole superano la pratica della stessa.
Un passaggio che verosimilmente coinvolge una minoranza: un ruolo forse non facile da rivestire e svolgere da subito ma che regala poi soddisfazioni, a vario titolo, e gratificazioni.
E’ in questo contesto che anni fa mi sono imbarcato in una avventura formativa (ed educativa) incentrata sullo sport quale strumento di crescita e che tuttora sto portando avanti: l’appassionante ruolo di arbitro di pallavolo.

Digital tax: diverrà realtà ora ?

Digital Tax: da tempo, anche troppo, si propone di tassare anche le grandi aziende che operano nel settore digitale – finora esentate o per meglio dire protette -, senza che però le dirette interessate, ovvero Europa ed America in primis, trovassero un accordo.

L’ultimatum lanciato dalla UE a metà gennaio, poco prima dell’insediamento del neo presidente Joe Biden, secondo la quale il mancato raggiungimento di un accordo fra Europa ed America in materia di tassazione delle imprese operanti su Internet entro metà anno porterebbe l’Unione Europea ad agire in autonomia, pare ora dare i suoi frutti. Con il passaggio di consegne alla Casa Bianca infatti, al progetto congiunto fra OCSE e Unione Europea potrebbero appoggiarsi finalmente anche gli Stati Uniti che nel frattempo si sono dissociati dalla clausola che protegge i colossi digitali americani (Google, Yahoo!, Amazon, Facebook, ..) dall’imposizione fiscale. Un accordo sarebbe così possibile entro il prossimo G20 di luglio che si terrà a Venezia, la quale va a fissare delle aliquote di base e una ripartizione nei paesi ove operano.

Danze e canti nei secoli attraverso l’arpa

Già nel luglio scorso avevamo avuto modo – dal vivo – di assaporare il melodico e armonioso suono dell’arpa e le doti del M° Elena Guarneri.

Ripreso con il mese di gennaio – seppur con modalità diverse – il programma sospeso del ‘Luglio Culturale‘, questa sera il cartellone della ‘side 2’ al teatro comunale di Cuvio ci offre una rivisitazione di questo “celestiale” strumento sempre con l’interpretazione della bravissima Elena Guarneri.

Danze e canti nei secoli‘ è infatti il titolo del concerto in streaming proposto. Premessa della serata è che l’arpa non va relegata solo all’ambito della musica classica, ma si presta pure ad un accompagnamento ‘mondano’ come possono essere il canto o la danza.

Già dalle prime esecuzioni si denota il valore armonioso dello strumento che ben si presta ad un utilizzo … trasversale. In particolare, si denota – è poi la stessa Elena a spiegare – come lo strumento in tutta la sua estensione di corde possa essere utilizzato al fine di riprodurre i suoni più ricercati tipici di strumenti qui ‘più di casa’ (ne è un emblematico esempio quando l’arpa sposa il blues – come si vedrà ad ascoltare).

Come dimostrato un mese fa dal M° Adalberto Riva con il pianoforte, Elena Guarneri si fa interprete di come anche con l’arpa si possa spaziare nei generi.

Nel susseguirsi delle esecuzioni, Elena sconfina tra l’altro pure nella ‘Improvvisazione‘, particolare genere musicale in cui l’artista non è vincolato da uno spartito da seguire.

La serata si conclude con il brano ‘Amazing Grace‘ (Ringraziamento a Dio) nel riadattamento di Chris Tomlin, una versione per arpa e voce.

La giornata dei calzini spaiati

Lo scorso 5 febbraio scorso si è celebrata per l’ottava volta su web la ‘Giornata dei calzini spaiati‘. Ma cosa sta a significare questo giorno ?

8é Giornata dei calzini spaiati

Idea nata in una scuola elementare della provincia di Udine dall’iniziativa di una maestra ‘Sabrina’, da sempre impegnata sulla tematica della sensibilizzazione dell’autismo, per promuovere il concetto che “diverso è bello”, sensibilizzando in questo caso già i piccini su questo “modo d’essere” – certo non voluto né cercato -, aspetto del sociale, e altre malattie congenite. Giornata speciale che si colloca il primo venerdì del mese di febbraio da 11 anni (e da 8 “tambureggiata sui social”) per sensibilizzare che “diverso è bello”, con la finalità di incentivare l’accettazione delle diversità, indossando dei “calzini spaiati“: un eufemismo ad indicare ‘chi si sente solo’, proprio come un calzino spaiato. Un inno quindi alla diversità da un lato ma anche alla speranza di ritrovarsi al più presto, come un paio di calzini spaiati che si ritrovano dopo essere stati divisi.

Giornata dei calzini spaiati e accettazione diversità

Se dunque il messaggio principale passa per incentivare l’accettazione della diversità, tra i bambini e non solo, tuttavia in tempi di isolamento sociale, di lontananza dai propri cari, l’iniziativa assume un valore inedito. Quest’anno in particolare si realizza un dualismo: oltre al concetto precedente, visti i tempi che stiamo attraversando e le varie limitazioni cui siano sottoposti da tempo, vuole essere anche una similitudine per la speranza di ritrovarsi al più presto, ogni calzino tornerà così ad ‘abbracciare’ il suo compagno.


L’invito che sta alla base della giornata è guardare le possibili diversità da un’angolazione “diversa”. I calzini spaiati sono metafora della diversità e del fatto che colore, lunghezza, forma e dimensione non cambiano la natura delle cose: ma pur sempre calzini restano !

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è spaiati-3-1024x641.jpg

L’idea era di indossare appunto dei calzini diversi, dai colori sgargianti e vivaci, per significare che un diverso colore o forma non ci rende diversi gli uni gli altri.

Diverso è solo diverso, non non normale“: questo il motto.

[Fonti: www.tg24.sky.it, www.ilfattoquotidiano.it]

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L’invito che sta alla base della giornata è guardare le possibili diversità da un’angolazione “diversa”. I calzini spaiati sono metafora della diversità e del fatto che colore, lunghezza, forma e dimensione non cambiano la natura delle cose: ma pur sempre calzini restano !

L’idea era di indossare appunto dei calzini diversi, dai colori sgargianti e vivaci, per significare che un diverso colore o forma non ci rende diversi gli uni gli altri.

Diverso è solo diverso, non non normale“: questo il motto.

[Fonti: www.tg24.sky.it, www.ilfattoquotidiano.it]

Auguri pallavolo

“Dai una palla in mano a un bambino e ti stupirà”. Frase attribuita al grande Diego Armando Maradona. Ma che ben si presta a carpirne la preziosità nascosta se contestualizzata e che – nello specifico – può esser elevato a innegabile sprone per lo sport dei nostri ragazzi.

125 anni e … non dimostrarli assolutamente !!

E’ il 9 febbraio del 1895 quando William Morgan, insegnante di educazione fisica in un college del Massachusetts presenta ai propri colleghi la sua nuova ‘invenzione’: la pallavolo.

Una nuova disciplina sportiva che verosimilmente fu guardata con un pò di distacco e considerata “minore” e ‘da femminucce’, che per anni ha vissuto all’ombra di sport di primo piano come calcio e pallacanestro, ma destinata ad un futuro – i giorni nostri o meglio gli ultimi decenni – roseo, riuscendo a varcare non solo concettualmente ma anche geograficamente diversi limiti.
Destinata a conoscere grande fortuna quanto ad apprezzamento e appassionati in particolare dagli anni Sessanta-Settanta.


Alla pallavolo si può riconoscere l’aver ottenuto traguardi importanti. Due fra gli altri: riuscire ad aprire in un breve lasso di tempo sia agli uomini sia alle donne, interessando una forbice generazionale non indifferente, e ad investire sia il settore agonistico sia in quello più vasto del settore amatoriale, riscuotendo un grosso bacino fra ragazzi, allenatori, tecnici e dirigenti.

Centoventicinque anni dopo, gli scambi di palla in quel campo lungo 18 metri e largo 9 continuano ad entusiasmare chi ne è protagonista, attivo o passivo, a far battere il cuore ai giocatori come ai tifosi, riuscendo a creare nel “dietro le quinte” degli impeccabili meccanismi di coesione e sinergia fra le persone. Fino agli anni Sessanta non approdata e conosciuta appieno in Italia e in Europa, è paradossalmente con la televisione che ha raggiunto l’apice. Negli anni Settanta con Mimì, un decennio dopo con Mila e Shiro questo sport entra nelle case di tutto il mondo: se ne diffonde così – anche se in una maniera surreale – la cultura, accomunando diverse generazioni attraverso la condivisione di una passione comune.

Ultimo ma non da ultimo (.. anzi !! …): centoventicinque anni dopo, la pallavolo resta una palestra di vita che insegna la condivisione, il sacrificio e l’unione.

Buon compleanno pallavolo!

Disciplina che come altre ha conosciute diverse primavere e… sfumature. Coinvolgendo dapprima i genitori durante i ritrovi di gruppo nei parchi o giardini; portando poi i figli sul parquet delle palestre.

Come altri, anche la pallavolo ha saputo crescere e svilupparsi laddove magari i problemi di via erano ben altri, venendo valorizzata anzitutto come passatempo e valvola di sfogo. Così ha accompagnato e accompagna le giornate dei bambini africani e dell’Asia pur in un contesto di povertà; gli studenti americani nelle loro strutture futuristiche, arrivando ad essere praticata anche …. nelle condizioni più disparate.

Come accade in tutti gli sport, quanti di noi sin da piccoli hanno i loro campioni, con l’ambizione chissà .. un domani di poterli imitare ? Ecco, la pallavolo è una delle massime espressioni e messaggio di ciò che lo sport può veicolare: educazione e maturazione della persona.

Oggi la pallavolo è uno sport che vive (per fortuna) indipendente, distaccata dall’ombra di altri sport. I cui dirigenti e allenatori si accollano, spesso per volontariato, la gestione delle piccole società di provincia, ” coi problemi annessi e connessi”.

Pallavolo è passione; anche per chi ha smesso i ricordi strappano sempre un sorriso. Ma ancora di più per i rapporti d’amicizia e le emozioni che questo sport ci ha fatto incontrare e vivere.

Ebbene, allora quella rete lì in mezzo al campo non ci divide, anzi unisce.

E quindi buon compleanno, pallavolo. Grazie di tutto!

[Fonti: www.magzine.it, www.problemidivoley.it]