«È un’esperienza alla quale le parole non sono in grado di rendere giustizia. Ti chiede continuamente di stringere i denti e ti insegna a soffrire ma ti regala emozioni che nessun altro viaggio è in grado di dare. Rappresenta la vita di tutti i giorni, con i momenti belli e le difficoltà che ognuno deve affrontare, passo dopo passo, metro dopo metro, come quando cammini”.
Sorprende la tenacia con cui Andrea Macchi, classe 1986, ha condotto l’Endurance Trail della Valle d’Aosta 2014. Ha sul volto il sorriso di chi ce l’ha fatta e negli occhi la forza di un giovane che ha saputo mettere alla prova se stesso in un viaggio che lo ha reso più forte e ha chiesto tanto a corpo e mente.
Il “Tor des Geants” è una delle poche gare in grado di unire la lunga distanza alla individualità del corridore. 330 chilometri, 24.000 metri di dislivello positivo e un’occasione per l’uomo di contatto stretto con la natura.
«Non dimenticherò mai la prima notte di cammino. Lo spettacolo della Terra era ovunque: ai nostri piedi, alle nostre spalle, davanti ai nostri occhi. Il rosso intenso del sole dell’alba, il cielo con le stelle, il profilo scuro della montagna e il sentiero disegnato dalle luci frontali dei corridori che ancora non avevano raggiunto i 2.000 metri. Camminare di notte regala sensazioni che non molto spesso abbiamo l’occasione di provare».
Andrea ha raggiunto la tappa finale a Courmayeur in un tempo totale di 127 ore,tra i pettorali abbandonati sul sentiero di chi non ce l’ha fatta e la forza di chi ancora era disposto a sopportare.
«Se non avessi avuto la certezza di avere Chiara, la mia ragazza, ad ogni base vinta non so se sarei riuscito a portare a termine la corsa. Ogni concorrente può usufruire dei bivacchi allestiti dai volontari per ristorarsi e riposare situati ogni 50 km. Sta al corridore saper gestire al meglio i propri tempi e i bisogni richiesti dal proprio corpo. Lei mi ha seguito in macchina aspettandomi ad ogni tappa del percorso e ha camminato con me per gli ultimi 30 chilometri. È stata la certezza che lei sarebbe stata là ad aspettarmi a farmi andare avanti. Chiara mi ha dato fiducia e incitato nei momenti di debolezza quando abbandonare sembrava la soluzione più semplice per alleviare la fatica.E per un altro motivo non avrei potuto mollare: avevo pensato per lei un finale a sorpresa, la proposta di matrimonio. È stata questa la ragione per cui ho portato con me nella tasca dello zaino, a 2.000 metri di altezza e fino a Courmayeur, quel piccolo sigillo».